giovedì 23 luglio 2015

Black Flags

NB. QUESTO POST NON È ADATTO A LETTORI SENSIBILI.

Stavolta sono seria.
Amareggiata.
Confesso spudoratamente di essere una social addict e confermo e sottoscrivo che schermo e tastiera ci rendono tutti più coraggiosi. Me compresa, che sono timida di natura e balbetto o perdo la favella nei momenti meno opportuni.
Sarà che son curiosa, sarà che ho il faccino innocente. Ma le storie mi capitano letteralmente tra le mani.
Ogni cuore ha un dolore nascosto e nutro profondo rispetto per ogni combattente della felicità.
Vorrei però alzare una bandiera nera, a segno di lutto, per chi la felicità la colora di bella facciata.
Parlo delle coppie infelici.
Succede, ci si augura che vada tutto bene e che sia "forever and a day", ma a volte per "X" motivi si arriva al capolinea.
La frustrazione del fallimento è tanto più subdola quanto più la si rinnega.
Ti frega proprio con la bella facciata.
A casa a tale ora perché il/la consorte vuole così. A tavola tutti insieme perché i bambini devono crescere con i genitori uniti. Un messaggio di circostanza "Quando torni? Dove sei? Mi stavo preoccupando".
Cellulari che bippano. Pollici frenetici.
Lei il suo televisore in sala, lui la consolle dei videogiochi in camera.
E il cuore che divaga, zingaramente a volte.
Litigate furiose oppure guerre fredde di silenzi.
Anelli nel comodino, che forse un giorno si deciderà se disfarsene o tenerli per ricordo.
Che già tutto questo è pesante per chi lo vive.
Lo senti mentre te le raccontano queste cose. Ricordi di speranze, di vacanze, di primi appuntamenti, di vestiti eleganti davanti all'officiante, di pancioni più o meno aspettati, che poi diventano ricordi di risposte acide, di astio o di quel "non so come siamo arrivati fino qui" o ancora "mi ricordo esattamente di aver capito che non sarebbe durata".
Non resta che guardarsi allo specchio e promettersi di dare una svolta, in un senso o in un altro. Prima o poi.
E invece, decidono di fare la vacanze insieme.
Perché per i figli è importante, potrebbero rimanere traumatizzati, sono piccoli.
Perché è già tutto prenotato.
Perché non si sono ancora trovate le lettere che compongono la parola "fine".
Però provano pena l'uno per l'altra, lui dorme sul divano da tempo immemore e lei non trova pace, lui si sfoga con le amiche che provano tenerezza per lui (fino a quando spunta un nuovo nome e allora diventano acidine pure loro) lei in un momento di solitudine svela le tristezze del matrimonio alla figlia preadolescente.
L'aereo sta per partire per la vacanze di facciata e lui sente tristezza.
Le nuvole accompagnano il blues del suo cuore.
E spera che l'anno prossimo non sarà più così.
Ha rimesso la fede al dito ma una riflessione lo riporta alla coerenza e se la toglie di nuovo.
E la subdola frustrazione si ripropone a tempi scanditi e segnali fisici. Un'extrasistole. L'antiacido gastrico sempre a portata di pasto.
Pecorelle che a contarle sembra che rifacciano sempre il giro pur di non farti dormire.
(che poi le pecore non è che saltino esattamente, quindi tu, che sei razionale, ti impasti il cervello per capire l'esistenza di un sistema sonnifero così astruso quanto popolare).
Forse quando la vacanza finisce.
O prima che rinizi la scuola.
O prima che lei decida che, in autunno, con o senza di te, si piglia la prole e si trasferisce in periferia vicino ai suoi familiari. Forse dopo aver saldato il conto del meccanico. Forse col rientro a lavoro.
Un guizzo dà di nuovo la scossa solo quando gli altri ti suggeriscono di tenere unita la tua bella famigliola: Allora ti ricordi che devi comprare le vocali che ti mancano per comporre e pronunciare la parola "fine".
E prima che qualcuno dica che sono pericolosa, che gufo contro le felicità altrui, vorrei rassicurarvi: Niente mi allieta quanto la felicità delle famiglie unite, quelle che appena ti aprono la porta di casa ti fan venire voglia di accomodarti e non andare più via, quelle che l'armonia è la sola cosa che conta.
E tutti ci meritiamo armonia, forse non per diritto ma per conquista, è vero.
Ma io auguro a queste persone di trovare il coraggio di uscire dal limbo.
Per togliere finalmente la Black flag e tuffare il cuore nell'arcobaleno.
La felicità, è dall'altra parte della paura.

*Granella Di Vaniglia*


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PS. Non tiratemi fuori l'obiezione dei soldi e della casa perché divento una iena!






















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mercoledì 1 luglio 2015

Marito in affitto

Faccio tanto la tecnologica poi non so inserire un url sul mio blog.
Bene.

E dunque.
Incollo qui una porzione di un testo di Selvaggia Lucarelli che mi ha fatto ridere come una matta.
Spero di fare ridere e sorridere anche voi.

http://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/1343348/Selvaggia-Lucarelli--cronaca-della-mia-relazione-con-un-marito-in-affitto.html


Ogni tanto mi domandano come sia crescere un figlio senza un marito, un fidanzato, un convivente. Senza una figura maschile con cui assaporare la bellezza e i limiti della quotidianità, pianificare le vacanze, discutere la sera a cena, fare progetti di allargare la famiglia. La mia risposta è sempre la stessa: «Me la cavo bene in tutto, ma mi manca qualcuno con cui condividere i momenti felici». Che poi è una di quelle citazioni che si possono trovare tranquillamente nel Buongiorno di Gramellini, nella Buonanotte di Riotta su twitter, così come in un discorso di Letta o nei Baci Perugina e nessuno ne rivendicherà mai la paternità perché tanto è probabile che fosse già incisa sul muro di qualche grotta del paleolitico accanto ai disegni di scene di caccia e alle frasi «L’amore arriva quando non lo cerchi» e «Chiusa una porta s’apre un portone».
Ecco, è venuta l’ora di fare coming out. Non è vero che mi manca un uomo con cui condividere i momenti felici. Ho amiche, amici, famiglia e figlio con cui condividere i momenti felici. Ho anche i social network con cui condividere i momenti felici, così prendo pure due piccioni con una fava: faccio gioire gli amici e rosicare i nemici. E poi si sa, a un uomo dici: «Tesoro, sono stata promossa al lavoro» e il massimo della condivisione del momento felice sarà: «Quindi dovrò andare io a prendere i bambini a scuola?». La verità è che molto più onestamente, semplicemente, pragmaticamente, a me manca un uomo che mi porti la cassa da sei bottiglie d’acqua al supermercato. È in quel momento lì, quello in cui devo percorrere la distanza tra la cassa dell’iper e il portabagagli della mia macchina, che sento la lancinante mancanza di una figura maschile al mio fianco. Mi trascino tenendo sei buste nella mano sinistra con i manici di plastica che cominciano ad avvitarsi su se stessi ogni volta che la scatola di pelati sbatte sul mio stinco e il mio dito indice viene stretto in una morsa letale, col sangue che non affluisce più, e rifletto. Mi trascino con le sei bottiglie d’acqua da una parte e il dito blu dall’altra e in un rigurgito di puro romanticismo penso che sì, non avere un marito è proprio brutto. L’ho pensato spesso, a dirla proprio tutta, in questi ultimi anni. L’ho pensato quando hanno regalato la Wii a mio figlio e ho trascorso sedici giorni alle prese con la sincronizzazione del telecomando con la console Wii e alla fine il telecomando era sincronizzato con il microonde, il Silkepil e il mio calendario mestruale ma di avere un dialogo con la Wii non ne voleva sapere. Mi è mancato un marito quando mi si è inchiodata la caldaia e la caldaia era sul terrazzo chiusa in una cassetta d’acciaio e la cassetta d’acciaio si apriva solo con una chiave inglese delle dimensioni di uno stuzzicadenti per cui sono andata in un negozio di bricolage e ho comprato un set da 34.234 chiavi inglesi per trovare quella giusta, set che credo non abbia mai posseduto neppure l’intera banda della Magliana e affiliati vari. Mi è mancato un  marito quando mi si è rotto lo sportelletto del congelatore e ho ritenuto la riparazione superflua col risultato che nell’intero frigorifero si sono raggiunte le temperature del circolo polare artico e per fare una pasta in bianco a mio figlio per mesi ho dovuto spaccare il burro col rompighiaccio. Mi è mancato un marito quando si è rotta la vecchia  tv  e non sapevo come liberarmene perché ora fanno le tv al plasma, prima facevano quelle che dopo averle spostate avevi bisogno di tre sacche di plasma e due giorni di camera iperbarica. Ma ho sentito la mancanza di un marito anche quando s’è rotto il tubo della doccia e ogni volta che aprivo l’acqua facevo più spruzzi degli irrigatori automatici del golf dell’Olgiata. O quando s’è fulminato il neon del bagno o s’è incastrato il filo della tapparella o è venuta giù la mensola del bagno.
Insomma, l’amore mi è mancato nei momenti che contano. E parlo al passato non a caso, perché l’agonia della solitudine davanti a rubinetti gocciolanti è finalmente finita. Ho trovato un marito. Anzi, ne ho trovati molti. E il vantaggio è che con questi mariti non solo non ho doveri coniugali, ma hanno già una moglie con cui condividere i momenti felici. Con me, devono condividere solo le scocciature. Anzi, se le devono sorbire loro. Sto parlando dei mariti in affitto. Si trovano su «Secondamano» e vari giornali di annunci, su facebook, su www.ilmaritoinaffitto.it e perfino su «Groupon», dove al momento, due ore in compagnia del marito di un’altra, ti costano 19 euro anziché settantadue. Che voglio dire, se uno pensa a quanto possono costare d’avvocato anche solo dieci minuti col marito di un’altra e senza neppure che ti imbianchi mezza parete, è già un affare. I mariti in affitto sono quei mariti che noi tutte, una volta nella vita, abbiamo invidiato a un’amica: quelli che potano le siepi che manco Edward mani di forbice, che dipingono la cassetta delle poste e fanno pure i ghirigori sulle iniziali, quelli che hanno la cassetta degli attrezzi e il barbecue sempre pulito e riparano tetti, caldaie, tagliaerba, frullatori, aerei telecomandati e torri di raffreddamento di centrali nucleari senza battere ciglio. Li chiami, loro ti arrivano a casa, fanno quello che un marito dovrebbe fare gratis e se ne tornano dalla moglie. Che detta così può suonare  male, ma è la svolta della mia vita. Nel mio listino sentimentale ormai il prezzo per una mensola dritta può essere al massimo 25 euro l’ora, non certo un matrimonio.
E poi diciamolo: è una vita che gli uomini ci pagano per il piacere, era nell’ordine delle cose che noi finissimo per pagarli per il dovere. Il contrario non potrebbe mai accadere: noi le rotture di balle, in casa, ce le smazziamo da sempre gratis. P.s. sul sito maritoinaffitto.it ci sono anche le foto dei maghi del fai da te. E vi dirò: per un paio non solo farei una proposta d’affitto, ma potrei anche accendere un mutuo.
di Selvaggia Lucarelli