domenica 6 dicembre 2015

Mezzi vuoti

Io vorrei solo sapere cos'hanno in testa le persone che hanno il potere di cambiare la vita altrui.
Secondo me fanno che tirare una moneta in aria e quel che viene viene.
Ovviamente si parano il sedere in nome di "ciò che è meglio".
Ne tiro fuori una a caso?
L'affido congiunto dei minori in caso di separazione coniugale.
(una a caso, eh...)
Un'idea bellissima ma che non è stata ben calcolata.
Cioè, pensate che figata: i pargoli vengono seguiti e cresciuti da entrambi i genitori che, finalmente, vengono considerati "pari" nel valore e nell'importanza educativa.
E i bimbi son felici di vedere sia la mamma che il papà che educano  allo stesso modo e danno loro le stesse sicurezze e gli stessi limiti, magari passano insieme le feste, i compleanni, le vacanze, in nome della serenità dei figli.
Praticamente la famiglia del mulino bianco ma in due mulini.
Ma fatemi il piacere!
Questa storiella calza bene solo a pochi fortunati e sapete perché?
Semplicemente perché quando due coniugi si separano, spesso una delle questioni calde è proprio l'educazione dei figli. Ci si scanna a colpi di "con una madre disgraziata come te, come vuoi che venga su, Pierino?" "Tua madre gliele dà tutte vinte e io devo passare per la madre cattiva" "Lo fai mangiare all'una invece che a mezzogiorno" "Non sai abbinare i jeans con la camicia giusta e lo mandi in giro come un pagliaccio" "Non hai lavato le scodelle della colazione, sembra di stare in un porcile e lui impara da te!" "No, a calcio non lo mando lì..." "Ah no?? E invece lo mandi lì perché ha sempre giocato lì" "E no, per me che non ho la macchina è lontano, lo sposto di società!" "Tu pensi solo a te stessa, muovi il sedere, e portalo dove è sempre andato, non mi interessa come devi fare" "Le opzioni per la scelta della scuola media sono queste, cosa vuoi: La uno, la due o la tre?" "Guarda che l'ho già iscritto" "Senza il mio consenso?" "Non saresti in grado di scegliere neanche le stringhe delle scarpe".
La lista è lunga e spesso ben più grave e accesa.
Ma avete idea di cosa significhi l'affido congiunto con due coniugi che sperano solo reciprocamente che l'altro/a si trasferisca come minimo sulla luna?
Ci sono separazioni che non sono solo "stretta di mano e stammi bene, ci si vede in giro, fammi sapere come stai".
Alcune fratture del cuore hanno bisogno di epiche distanze spazio temporali per cicatrizzare.
Anche solo per prendersi il tempo di ricomperare i servizi di stoviglie nuove, visto che i piatti che facevano parte della lista nozze sono stati sfrantecati sui muri e sul pavimento. La zuccheriera si è suicidata preventivamente da sola.
E poi, ci sono figli di papà e mamma, figli di papà e figli di mamma.
I figli di papà e mamma "mulino bianco style" sono gli unici che possono sopravvivere serenamente al nuovo regime.
Conosco anche situazioni in cui per motivi burocratici l'affido sia stato "esclusivo" di un solo genitore ma la cosa non ha spostato le sicurezze affettive dei minori.
Ci sono anche figli che a passare principalmente il tempo con un solo genitore sono anche più contenti.
Ma quanti sono i casi in cui un regime di affido condiviso non accontenta nessuno?
Ora mi rendo più impopolare del solito.
Il casino l'hanno fatto le ex mogli che per mesi hanno negato (ingiustificatamente) il contatto figli-padre, quelle del "ha la febbre/ abbiamo un impegno/ non vuole vederti/". [Parlo di madri che per pura cattiveria e ripicca si sono comportate così ]. Casino appoggiato da padri mosci che han fatto fatica pure per quei cinque minuti dedicati al concepimento.
E se i padri si sono organizzati in gruppi di sostegno e auto-aiuto, io ora sto a favore delle madri e dei figli di mamma.
Chi sono i figli di mamma?
Quelli il cui padre hanno definito la prole "un pessimo investimento:  Ti fai in quattro, perdi sonno e soldi e loro poi se ne vanno". Quelli il cui padre, quando finalmente se ne va, esclama drammaticamente "Non lo saluto neanche, tanto a lui non frega niente di me come a me non fregava niente di mio padre".(poi tornano indietro a dare il bacino sulla fronte, in colpa per la stronzata appena partorita).
Le mamme che hanno cresciuto figli di mamma, si sono fatte un mazzo tanto dal giorno della prima ecografia. Hanno "investito" - mai perso - sonno per una coccola extra, per allattare, cullare, pulire nasini moccicosi, misurare febbri e puntini rossi, disinfettare ogni cosa in nome dell'igiene a tutti i costi e smettere poi di disinfettare perché gli anticorpi altrimenti come se li fanno, cambiare pannolini in fase rem; mamme che hanno investito ore a scegliere vestiti, smacchiare bavaglini e grembiuli, accompagnare all'asilo-materna-elementari, accompagnare a corsi di nuoto-pattinaggio-calcio-musica, provvedere a recuperare materiale didattico, tamponare ginocchia sbucciate e occhi lacrimanti, cucinare, stirare, stimolare il dialogo e instaurare fiducia, organizzare festicciole, insegnare a risparmiare e non fare capricci, educare con fermezza e dolcezza, mamme che studiano coi figli e mamme che insegnano ai figli a studiare, mamme che ogni attimo vogliono condividerlo coi loro figli e coinvolgerli anche nelle proprie passioni, mamme che non portano i figli al parco ma "vanno al parco coi figli", mamme che "facciamo qualcosa insieme", mamme che non sapevano come fare le mamme e invece ci sono riuscite imparando e crescendo coi propri figli. Mamme che si sono sostituite a padri assenti, fintamente impegnati in chissà quali operazioni di salvataggio dell'umanità, madri che per anni non hanno potuto neanche farsi una doccia in santa pace perché sposate con deficienti che "hai voluto fare la madre, arrangiati". Mamme sole anche se accompagnate.
Queste mamme, grazie al casino scatenato dall'affido congiunto, da mamme onnipresenti e onnifacenti (non tutte hanno mariti/compagni collaborativi) diventano madri a metà.
 Bicchieri mezzi vuoti.
E quando ti senti dire "Beh, sei fortunata: hai tutto il weekend per te!" hai solo voglia di picchiare chiunque ti capiti a tiro.
Queste mamme non lo vogliono il weekend libero.
Non vogliono le notti infrasettimanali libere.
Sono madri che hanno vissuto solo esclusivamente e letteralmente per i figli e di un intero weekend di libertà non sanno che diavolo farsene. È una punizione del karma.
Caso vuole sono state sposate con emeriti deficienti che improvvisamente si svegliano e si rendono conto che quella piccola personcina che porta il loro cognome è quasi quasi parente.
Allora in preda a megalomanie cominciano la loro guerra da superpadri: ricorsi, ripicche, sms minatori, denunce, assistenti sociali, psicologi.
La strategia è quella proprio del bambino capriccioso: sbattono i pugni a terra finché non si sono divorati tutta la torta. Per loro essere padri significa eliminare dalla vita dei figli la madre, nemica indiscussa e unica causa della distruzione del loro ego. E qui si incriccano i tribunali col ragionamento che "se uno fa tanto casino allora qualcosa di vero avrà da dire". E le mamme che hanno dato l'anima si sentono dire che se rispondono con la stessa "grinta" rischiano solo di peggiorare la situazione. Come va a finire? Che il tempo passa e passa e anche se esiste il divorzio breve, tu sei lì da anni che aspetti la sentenza definitiva di separazione, che il tuo ex ha trasformato in un caso eclatante. E mentre il tempo passa, il tuo "pezzo di cuore" cresce e ai luminari viene un'intuizione: "Ha bisogno del padre".
Non può neanche salirti su la bile perché l'hai usata per firmare scartoffie e raccontare la tua storia migliaia di volte.
Queste storie sono prelibatezze per le malelingue che "e ma se il giudice ha deciso così, un motivo ci sarà"
Madri a metà, bicchieri mezzi vuoti. Figli con doppie vite.
Poi vediamo di chi è la colpa.

*Granelladivaniglia *

lunedì 9 novembre 2015

Strade

Ho preso la mia, che non era esattamente quella che volevo. Non lo era affatto, per nulla.
Ma mi ci son trovata sopra e non resta che camminare.
Un campo minato.
Il mio problema, il mio terribile vizio, la mia pretesa assurda, è che se ce la faccio io, ce la può /deve fare chiunque.
Per questo mi sale la bile, quando vedo che non mi segui.
Conosco la strada e ti sto a guardare mentre tu prendi la strada sbagliata, o almeno la più lunga. Siamo sicuri che sia quella più facile? Che se ci troviamo a un bivio e io aspetto in fondo da una parte, non vorrei tu ti allontanassi al punto da non sapermi più trovare. Non vuoi nemmeno che accenda una torcia, una fiaccola, non vuoi guardare allo specchio , stai lì in quell'angolo e io ti chiamo... ma non vuoi sentire la mia voce. Vuoi solo la mia ombra.
Grido più forte? Ti porto via a forza?
No. Che tu non debba poi svegliarti e renderti conto che non era questo che volevi.
Io ti mostro la strada ma tu, tu devi dirmi se vuoi camminare con me.
Non mi escono altre parole.
Prendi la mia mano, che conosco la strada.


"Vorrei farti un ritratto e stamparlo gigante
La tua fantasia raccontarla ala gente
Ma è nascosto agli sguardi questo amore perfetto.
Quattro muri e un letto: Non diventa più amore ma sopravvivenza - del tuo dolce silenzio non so fare senza -
Ma facciamo qualcosa:
Si può anche morire
stando qui a sognare."
[Cercami-Pooh]

*Granella di Vaniglia*

giovedì 1 ottobre 2015

Volevo dire ai Maya...

Volevo dire ai Maya che la fine del mondo sarà nel 2016 con lo scioglimento dei Pooh.
Cioè ...se uno sta in coma tren'anni si aspetta di svegliarsi e trovarli ancora, capite? Dopo una guerra intergalattica, la prima cosa che vuoi che rimanga sono loro. Se uno sistema la cantina si aspetta di vedere ancora i vinili o le musicassette almeno almeno di "Pooh25". La generazione dei miei genitori non può non ricordarsi un Facchinetti coi capelli a caschetto e i pantaloni a zampa. E la mia generazione non può rimanere senza lo stesso Facchinetti che alla tenera età di 71 anni...SETTANTUNANNI ripeto, ha una voce che i giovanottini di ora possono solo sognare.
È come se aprendo il frigo non trovassi il latte o le uova (per dirne due semplici, eccezioni degli intolleranti e dei vegani a parte), è come se al bar non servissero più il caffè, come se dal giornalaio non trovassi più La Stampa o NovellaQualcosa con i vari glutei al vento. Sarebbe come un condominio senza caposcala rompiscatole, come una nonnina senza rughe, come avere i Kellogg's che non scoppiettano, come la CrystalBall con la cannuccia difettosa, come...come...ecco: Come quando, rimbambita di primo mattino, tiro fuori dall'antina in bagno il tubetto del dentifricio di cui non solo ho smarrito il tappo, per cui devo spremerlo con cattiveria, ma mi accorgo pure che sta finendo; allora spremo e spremo e va a finire che me ne esplodono due chili di botto sullo specchio.
(e infatti dopo uscite discografiche col contagocce negli ultimi anni...faranno il botto a S Siro e all'Olimpico)
Avevamo due certezze in questa Italia: I Pooh e la roulette russa che giocano i "grandi" al Governo sugli italiani.
Sono sempre i migliori che ci lasciano.
Vado a comprarmi vestiti neri.
Lutto.. Luuuutto!!!


*Granella Di Vaniglia*

giovedì 24 settembre 2015

Simona

Migliaia e migliaia di parole che non escono. Intrappolate in chissà quale paura. Sai come quando non riveli un desiderio per timore che non si avveri?
 Ho sempre avuto un po' paura di dirtelo.
I primi tempi mi incutevi un misto di timore e rispetto: giovanissima e bella, anche se non sai di esserlo. Sempre di corsa, in corsa fra essere mamma, lavoratrice e compagna.
Ho provato molto rispetto per te e il tuo compagno, giovanissimi genitori a sorpresa, ma con la saggezza e la responsabilità di andare avanti. Tanta stima, ragazzi.
Certo, all'inizio, mi aspettavi al varco ogni volta che i nostri figli si azzuffavano e io volevo sprofondare. Ma è bastato superare questo empasse offrendoti un passaggio in un giorno in cui ne avevi bisogno.
Sei stata una fantastica sorpresa:
una dolcezza da scoprire dietro la fretta e la risolutezza di chi ha dovuto crescere in fretta, mi è sempre piaciuto il tuo immenso orgoglio per tuo figlio, lo stesso che sento io per il mio.
Quante ore, quante commissioni insieme, quante colazioni, cene, quanti chilometri. E quante volte hai perdonato il mio stile di vita strampalato. Sai che mi mancavi quando andavi in vacanza? Lo sai che sei stata la prima mia vera migliore amica?
Poi è arrivato un uragano...e mentre tu costruivi ancora la tua vita...la mia si distruggeva.
Ti vedevo andare avanti, ne ero orgogliosa , te l'eri guadagnata tutta la tua felicità.
Poi sono stata inghiottita, ho cambiato città. Proprio quando forse avrei dovuto starti vicina. Mi sentivo in colpa, eppure non l'avevo scelto io. Perdonami per questo.
E perdonami se non ho potuto chiamarti, vederti. Ma è stato tutto più grande di me, un tutto che ha trascinato più persone in un vortice tremendo. Ma ci reggiamo in piedi ora...più o meno.
Sai..mi chiedevo di te, parlavo di te a Francesca. Ma il dolore di averti persa ha fatto tacere la mia bocca a un certo punto.
La tua bimba piccola è bellissima. Ti somiglia. E il suo "fratellone" mi fa tenerezza, vorrei abbracciarlo quando lo vedo.
Ti ho raccontato tutto d'un fiato l'anno scorso cosa era successo. Chissà se mi hai perdonata.
Ora siamo quasi colleghe, ora sono di nuovo vicina. Che bella sei, coi capelli a caschetto. Che bella e brava mamma sei.
Mi hai cercata...non so perché non ho più il tuo numero in rubrica..(magia degli Smartphone che ti fanno perdere tutto...) .
Ne sono contenta. Allora mi hai pensata un po'.
Simona, posso dirlo?
Ti voglio bene. Mi sei mancata.

Pam.

mercoledì 9 settembre 2015

Zaini colorati

Ho la lacrima facile, io.
Sarei capace di commuovermi anche con la pubblicità del dentifricio apposito per la sensibilità dentinale.
Stavolta ho cercato di resistere.
Giuro, un record: son riuscita ad aspettare una settimana prima di commuovermi del tutto.
È che non me ne sono accorta subito.
Ho passato l'estate sognando questo momento con orgoglio.
Aaahhh...che bello, che gioia!
Il mio bimbo cresce...e dovrei pure smetterla di chiamarlo bimbo.
Me la son presa comoda e mi sono lasciata assorbire dal lavoro.
Poi è successo di botto.
Alla domanda: "In che sezione è tuo figlio? Ti sono arrivati tutti i libri?" gli unici miei neuroni abili al lavoro hanno starnutito e stava per partirmi un embolo. Una stretta al petto che mi stavo già vedendo in qualche reality protagonista di qualche imbarazzante emergenza.
E' il normale corso delle cose, lo so, ma non son riuscita a trattenermi.
Qualche giorno fa, mio figlio trullo trullo se ne viene dicendo di avere già scelto con suo padre lo zaino nuovo. Bello. Colorato. Direi che gli si intona con l'anima.
Ripongo con cura lo zaino al sicuro e altri due neuroni starnutiscono. E meno male che non soffro di allergie.
Ieri sera mi vengono consegnati i libri. Il termine adatto sarebbe "scaricati a terra senza alcuna grazia", ma di queste cafonaggini già ne parlo in separata sede.
Chi mi conosce sa che io adooooro i libri. Mi piace scartarli, annusarli sfogliando velocemente le pagine. Mi perdo volentieri nella lettura.
Mi sono visualizzata con mio figlio nell'esplorazione di questi libri...ma non ho resistito e ho iniziato da sola, annegando tra ricordi e paragoni generazionali.
Aaahhh che bello..il mio bimbo cresce! (non devo chiamarlo bimbo, non devo chiamarlo bimbo, non devo chiamarlo bimbo!!)
Telefono a mia madre chiedendo conforto: sono troppo giovane per avere un figlio che va alle medie! Mi confida di aver provato la stessa cosa, lei, venticinque anni fa. E, per tenermi attaccata alla Terra mi ha rassicurata: "Non pensare che sarai ancora giovane quando lui avrà vent'anni: non avrai più voglia di fare granché e ti sarai abituata...".
Ha un pragmatismo mia madre...mi smonterebbe anche se vincessi un Oscar ricordandomi che tanto dentro è vuoto.
Quando mio figlio è rientrato dopo una cena a casa di amici, ha sfogliato con meno entusiasmo di me qualche libro, in un minestrone di eccitazione e timore, voglia di nuovo e nostalgia di ciò che è stato. Una breve favorevole congiunzione astrale ha permesso ai miei neuroni di comunicare fra loro e son riuscita a sorridere dolcemente, parlandogli della gioia delle nuove scoperte. E la sottile perfida minaccia di non perdono in caso di voti al di sotto dell'otto.
(Bugia, bugia: è la classica tattica del torchio..però funziona).
Vado in camera a prepararmi per la notte e passo davanti a quel maleducato di uno specchio: io son qui, col magone, e lui che fa? Riflette. E allora vedi di riflettere bene e che diamine! Indelicatamente mi fa notare che ho le sopracciglia selvagge, due occhiaie grandi come nespole e le spalle curve. Cerco di darmi un tono. Inutile. Una dormita sistemerà tutto. Ritorno in modalità "mamma on",e ripeto la tiritera di ordini e raccomandazioni per mandare a dormire mio figlio.
In fondo non è male avere in casa un ragazzino con cui conversare: ha dalla sua quel potere positivo di vedere una soluzione a qualsiasi problema, mi allarga il cuore.
Mi son svegliata, stamattina, un quarto d'ora prima della sveglia:
devo segnarlo sul calendario.
Ho aspettato.
Aspettato.
Aspettato.
Mi sono alzata perché la mia vescica non prometteva niente di buono.
Lo specchio ha continuato con maleducazione a ricordarmi che avevo un aspetto orribile.
Mi farò aiutare dal make-up.
Sveglio mio figlio, che si alza di buon umore.
Lo coccolo facendogli indossare i vestiti nuovi caldi di ferro da stiro.
Si assicura che col phon io gli acconci il ciuffo come vuole lui.
Colazioniamo insieme e poi io ritorno allo specchio, pronta a imbracciare fondotinta e pennelli.
M***@. Troppo tardi. Un'ora e mezza che son sveglia e non son riuscita a sistemarmi. Occhiaie color antracite e faccia misto ghiaia. L'immagine di me come mamma perfetta e in ordine che accompagna il figliolo se ne va a farsi benedire. Pazienza.
Intanto mio figlio si è tagliato le unghie da solo.
Anche questo quasi mi fa commuovere.
In autobus lui avverte il tragitto come molto lungo anche se, in realtà, è la metà rispetto agli anni delle elementari.
Il bacio di benedizione glielo do prima di svoltare l'angolo, sia mai che lo vedano i futuri compagni.
Ho il sex-appeal del calcestruzzo, ma sono felice ed orgogliosa.
Friggo. Comprimo il torace.
Un miliardo di ragazzini con gli zaini colorati (no, ok...esagero: Saranno un centinaio ma che ci devo fare? nel mio paesino eravamo due classi da undici ragazzini in prima media) riempiono l'area antistante al portone della scuola.
E le mamme. Vogliamo parlare della mamme? sempre in maggioranza rispetto ai papà, ce ne sono alcune tirate a lucido con tacchi e rossetto, fresche di messinpiega e altre come me più casual,scarpe da ginnastica economiche, jeans e la prima maglietta trovata nell'armadio, qualcuna col pancione. Di tutte le età. Coi cuori colorati di emozione. E quelle che non son potute venire, per impegni lavorativi o altro, hanno sicuramente il cuore rivolto ai figli in ogni attimo. Fiduciose, sì, ma con una voglia matta di stringerli al petto.
Punto lo sguardo su mio figlio: ho dimenticato qualcosa? Lo scruto, lo fisso, gli scatto delle foto in cui sorride forzatamente, gli faccio praticamente i raggi X guardandolo ancora: check: Capelli. Ok. Maglia. Ok. Pantaloni. Ok. Scarpe. Ok. Zaino. Ok
Lui è ok .
Sono tentata di snocciolare raccomandazioni, ma non voglio guastargli la compagnia di alcuni vecchi amici ritrovati.
Un signore incravattato, sulla mezza età, esce dal portone sollevando le braccia e mostrando due fogli con stampate le varie sezioni.
Entrano a turno in maniera ordinata.
Mi pungono gli occhi ma, come quando l'ho visto la prima volta in braccio all'ostetrica, combatto le lacrime per non perdermi neanche un secondo, per non perdermi neanche gli ultimi centimetri cubi di ossigeno condiviso.
Lui sparisce fra i corridoi, coi nuovi compagni, tutti in ordine e educati. Meno male.
Lascio scendere la lacrima, ma forse è solo l'aria settembrina a spingerla fuori.
Sì lo so..lo so.
Finché continuo ad emozionarmi così per niente, sembrerò strana.
Ma poiché mi emoziono ad ogni nuovo passo, sono sempre più convinta che sia l'avventura più straordinaria della vita.
E va solo in prima media.
Figuriamoci se partiva per il Fronte.
















lunedì 3 agosto 2015

Signora Lei

Non importa come si chiami.
Roberta, Valentina, Genoveffa, Asdrubala...
Mi importa capire come accidenti abbia fatto a trovare marito e a tenerselo, soprattutto.
Sembra che non solo le donne abbiano tendenza a trovare il compagno giusto per soffrire ma, udite udite, anche gli uomini si scelgono per benino le loro torturatrici.
E non ci sono sfumature che tengano, qui.
Il vittimo l'ho visto al supermercato, mentre spendeva, per una sola confezione di prosciutto crudo, la cifra che molte persone devono farsi bastare per la sopravvivenza giornaliera. Gli ho suggerito un'alternativa economica, vedendolo soffrire ogni volta che aggiungeva un prodotto nella lista dello scanner.
Mi ha guardata terrorizzato, immaginandosi probabilmente la sua signora con un'ascia in mano.
Il resto degli acquisti è stato effettuato come se lo spettro di questa moglie aleggiasse minacciosamente su di lui.
Le merendine Kinder, perché lei vuole quelle, la passata di pomodoro Mutti, perché lei non utilizza altro, il latte, solo Parmalat, la pasta Barilla...
Che se uno se lo può permettere, ben venga.
Ma pare che questo a loro faccia fare un po' fatica.
Lui compulsivamente svuota le borse davanti alla commessa, per il controllo a random sulla spesa effettuata col dispositivo salvatempo.
Paga con la carta, firma...
Diligentemente si dirige subito verso l'auto, non prende neanche un minuto per sè stesso.
Proprio un bravo marito diligente.
Visualizza sul cellulare la chiamata persa della sua amata. La richiama e si giustifica elencando minuziosamente ogni gesto in ogni minuto.
Sembra che si senta in colpa per qualcosa.
E' lei, lei che lo fa sentire così.
Lei lo ha mandato a fare la spesa intorno alle diciotto e trentacinque, dopo averlo accompagnato dal meccanico a ritirare l'auto che fa i capricci.
Alle diciannove e cinquanta, quando l'ha chiamato, si lamentava della lunga attesa: lei deve alzarsi davvero prestissimo, prestissimissimo e quindi, ha bisogno di andare a dormire intorno alle ventuno o giù di lì.
Bene.
Ciccia?
E' giusto che tu riposi.
Ma se devi andare a dormire alle ventuno, non puoi mandare tuo marito a fare la spesa all'ipermercato all'altro capo della città, poco prima delle diciannove, ti pare?
E, se lo fai, devi ringraziare che lui riesca a reperire esattamente tutto quello che vuoi tu, principessa dei miei stivali.
Perché se vuoi quello che vuoi, è sufficiente che ci vada tu all'ipermercato, con la tua auto, magari, del resto per tua madre sei passata da poco al Carrefour.
Magari ti porti anche i bambini, come fanno tante mamme, che non muori, non ti scende un rene e non ti viene la psoriasi.
Oppure, mentre lui fa la spesa, tu recupera qualcosa per una cena veloce, ordina la pizza e poi quando lui torna, ritiri gli acquisti, (se non vuoi poi lamentarti che le cose non stanno dove vuoi tu) e vai giustamente a dormire.
E quando torni a casa, stanca, sapendo di avere altre cose da fare fuori, per prima cosa salutalo, tuo marito, non limitarti a dire come deve caricare la lavatrice, e a che ora deve passare l'aspirapolvere.
E non puoi decidere tu come deve svolgere la sua giornata tuo marito: se stai insegnando al pargoletto a stare senza pannolino, non significa che bisogna stare tutti a casa, secondo tue disposizioni, per non dover mettere il pannolino al bimbo e rischiare di spezzare la nuova abitudine da acquisire. (pardon, lo sai che questo passaggio deve avvenire prima neurologicamente nel bambino?)
Non parliamo della vacanza.
Sì, dai, parliamone.
Tu, che di bimbi ne hai due, non lo sai che a costo di impazzire devi trovare un passeggino adatto ad essere trasportato in un'auto carica di bagagli?
E non lo sai che, per due ore di viaggio potevi anche sopportare un po' di scomodità, magari un borsone sotto i tuoi piedi e uno in grembo, per lasciare spazio al passeggino?
E poi.
Poi.
Non puoi fare una spesa consistente senza averne parlato con tuo marito e dirgli semplicemente: "Ho speso uno schiliardo di euro col mio conto, vedi di ridarmeli".
Siete marito e moglie o coinquilini?
Io una moglie del genere l'avrei rispedita al mittente da tempo.
Perché la prevaricazione a me fa venire l'orticaria.
La mancanza di gratitudine, mi secca lo stomaco.
Tu, cara, hai bisogno di qualche bella lezione.
Per esempio, potresti provare a vivere con quattro euro al giorno.
Potresti provare ad avere la caldaia rotta a gennaio e non avere nessun compagno che tiri fuori la grana per sistemarla.
Potresti provare a vivere da sola, coi bambini, in una palazzina senza ascensore, avere tre sacchetti pieni della spesa da portare su che ti si avvitano sui mignoli e una busta verde multa tenuta fra i denti mentre il piccolino si lamenta perché non gli puoi più comprare giocattoli.
Potresti provare a dover vestire i tuoi figli con abiti usati da mercatino.
Potresti provate a sentirti uno schifo perché non puoi più portare i bambini al mare e ricordare che una volta dicevi che era un loro diritto respirare iodio.
Potresti provare a non avere sempre la macchina sotto il sedere.
Potresti provare, ciclicamente, a vederti depotenziata la fornitura di energia elettrica.
Ovviamente nel frattempo devono rompersi anche la lavatrice e il ferro da stiro.
Potresti provare a contare i centesimi mentre fai la spesa al discount più discount che conosci.
Potresti provare a sentirti fortunata per un piatto di fusilli al burro.
E, in tutto questo, non avere nessuna spalla su cui piangere.
Per anni.
A quel punto, ripenserai alla vita felice che non hai voluto riconoscere.
Spero per te, che non sia troppo tardi.






 









giovedì 23 luglio 2015

Black Flags

NB. QUESTO POST NON È ADATTO A LETTORI SENSIBILI.

Stavolta sono seria.
Amareggiata.
Confesso spudoratamente di essere una social addict e confermo e sottoscrivo che schermo e tastiera ci rendono tutti più coraggiosi. Me compresa, che sono timida di natura e balbetto o perdo la favella nei momenti meno opportuni.
Sarà che son curiosa, sarà che ho il faccino innocente. Ma le storie mi capitano letteralmente tra le mani.
Ogni cuore ha un dolore nascosto e nutro profondo rispetto per ogni combattente della felicità.
Vorrei però alzare una bandiera nera, a segno di lutto, per chi la felicità la colora di bella facciata.
Parlo delle coppie infelici.
Succede, ci si augura che vada tutto bene e che sia "forever and a day", ma a volte per "X" motivi si arriva al capolinea.
La frustrazione del fallimento è tanto più subdola quanto più la si rinnega.
Ti frega proprio con la bella facciata.
A casa a tale ora perché il/la consorte vuole così. A tavola tutti insieme perché i bambini devono crescere con i genitori uniti. Un messaggio di circostanza "Quando torni? Dove sei? Mi stavo preoccupando".
Cellulari che bippano. Pollici frenetici.
Lei il suo televisore in sala, lui la consolle dei videogiochi in camera.
E il cuore che divaga, zingaramente a volte.
Litigate furiose oppure guerre fredde di silenzi.
Anelli nel comodino, che forse un giorno si deciderà se disfarsene o tenerli per ricordo.
Che già tutto questo è pesante per chi lo vive.
Lo senti mentre te le raccontano queste cose. Ricordi di speranze, di vacanze, di primi appuntamenti, di vestiti eleganti davanti all'officiante, di pancioni più o meno aspettati, che poi diventano ricordi di risposte acide, di astio o di quel "non so come siamo arrivati fino qui" o ancora "mi ricordo esattamente di aver capito che non sarebbe durata".
Non resta che guardarsi allo specchio e promettersi di dare una svolta, in un senso o in un altro. Prima o poi.
E invece, decidono di fare la vacanze insieme.
Perché per i figli è importante, potrebbero rimanere traumatizzati, sono piccoli.
Perché è già tutto prenotato.
Perché non si sono ancora trovate le lettere che compongono la parola "fine".
Però provano pena l'uno per l'altra, lui dorme sul divano da tempo immemore e lei non trova pace, lui si sfoga con le amiche che provano tenerezza per lui (fino a quando spunta un nuovo nome e allora diventano acidine pure loro) lei in un momento di solitudine svela le tristezze del matrimonio alla figlia preadolescente.
L'aereo sta per partire per la vacanze di facciata e lui sente tristezza.
Le nuvole accompagnano il blues del suo cuore.
E spera che l'anno prossimo non sarà più così.
Ha rimesso la fede al dito ma una riflessione lo riporta alla coerenza e se la toglie di nuovo.
E la subdola frustrazione si ripropone a tempi scanditi e segnali fisici. Un'extrasistole. L'antiacido gastrico sempre a portata di pasto.
Pecorelle che a contarle sembra che rifacciano sempre il giro pur di non farti dormire.
(che poi le pecore non è che saltino esattamente, quindi tu, che sei razionale, ti impasti il cervello per capire l'esistenza di un sistema sonnifero così astruso quanto popolare).
Forse quando la vacanza finisce.
O prima che rinizi la scuola.
O prima che lei decida che, in autunno, con o senza di te, si piglia la prole e si trasferisce in periferia vicino ai suoi familiari. Forse dopo aver saldato il conto del meccanico. Forse col rientro a lavoro.
Un guizzo dà di nuovo la scossa solo quando gli altri ti suggeriscono di tenere unita la tua bella famigliola: Allora ti ricordi che devi comprare le vocali che ti mancano per comporre e pronunciare la parola "fine".
E prima che qualcuno dica che sono pericolosa, che gufo contro le felicità altrui, vorrei rassicurarvi: Niente mi allieta quanto la felicità delle famiglie unite, quelle che appena ti aprono la porta di casa ti fan venire voglia di accomodarti e non andare più via, quelle che l'armonia è la sola cosa che conta.
E tutti ci meritiamo armonia, forse non per diritto ma per conquista, è vero.
Ma io auguro a queste persone di trovare il coraggio di uscire dal limbo.
Per togliere finalmente la Black flag e tuffare il cuore nell'arcobaleno.
La felicità, è dall'altra parte della paura.

*Granella Di Vaniglia*


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PS. Non tiratemi fuori l'obiezione dei soldi e della casa perché divento una iena!






















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mercoledì 1 luglio 2015

Marito in affitto

Faccio tanto la tecnologica poi non so inserire un url sul mio blog.
Bene.

E dunque.
Incollo qui una porzione di un testo di Selvaggia Lucarelli che mi ha fatto ridere come una matta.
Spero di fare ridere e sorridere anche voi.

http://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/1343348/Selvaggia-Lucarelli--cronaca-della-mia-relazione-con-un-marito-in-affitto.html


Ogni tanto mi domandano come sia crescere un figlio senza un marito, un fidanzato, un convivente. Senza una figura maschile con cui assaporare la bellezza e i limiti della quotidianità, pianificare le vacanze, discutere la sera a cena, fare progetti di allargare la famiglia. La mia risposta è sempre la stessa: «Me la cavo bene in tutto, ma mi manca qualcuno con cui condividere i momenti felici». Che poi è una di quelle citazioni che si possono trovare tranquillamente nel Buongiorno di Gramellini, nella Buonanotte di Riotta su twitter, così come in un discorso di Letta o nei Baci Perugina e nessuno ne rivendicherà mai la paternità perché tanto è probabile che fosse già incisa sul muro di qualche grotta del paleolitico accanto ai disegni di scene di caccia e alle frasi «L’amore arriva quando non lo cerchi» e «Chiusa una porta s’apre un portone».
Ecco, è venuta l’ora di fare coming out. Non è vero che mi manca un uomo con cui condividere i momenti felici. Ho amiche, amici, famiglia e figlio con cui condividere i momenti felici. Ho anche i social network con cui condividere i momenti felici, così prendo pure due piccioni con una fava: faccio gioire gli amici e rosicare i nemici. E poi si sa, a un uomo dici: «Tesoro, sono stata promossa al lavoro» e il massimo della condivisione del momento felice sarà: «Quindi dovrò andare io a prendere i bambini a scuola?». La verità è che molto più onestamente, semplicemente, pragmaticamente, a me manca un uomo che mi porti la cassa da sei bottiglie d’acqua al supermercato. È in quel momento lì, quello in cui devo percorrere la distanza tra la cassa dell’iper e il portabagagli della mia macchina, che sento la lancinante mancanza di una figura maschile al mio fianco. Mi trascino tenendo sei buste nella mano sinistra con i manici di plastica che cominciano ad avvitarsi su se stessi ogni volta che la scatola di pelati sbatte sul mio stinco e il mio dito indice viene stretto in una morsa letale, col sangue che non affluisce più, e rifletto. Mi trascino con le sei bottiglie d’acqua da una parte e il dito blu dall’altra e in un rigurgito di puro romanticismo penso che sì, non avere un marito è proprio brutto. L’ho pensato spesso, a dirla proprio tutta, in questi ultimi anni. L’ho pensato quando hanno regalato la Wii a mio figlio e ho trascorso sedici giorni alle prese con la sincronizzazione del telecomando con la console Wii e alla fine il telecomando era sincronizzato con il microonde, il Silkepil e il mio calendario mestruale ma di avere un dialogo con la Wii non ne voleva sapere. Mi è mancato un marito quando mi si è inchiodata la caldaia e la caldaia era sul terrazzo chiusa in una cassetta d’acciaio e la cassetta d’acciaio si apriva solo con una chiave inglese delle dimensioni di uno stuzzicadenti per cui sono andata in un negozio di bricolage e ho comprato un set da 34.234 chiavi inglesi per trovare quella giusta, set che credo non abbia mai posseduto neppure l’intera banda della Magliana e affiliati vari. Mi è mancato un  marito quando mi si è rotto lo sportelletto del congelatore e ho ritenuto la riparazione superflua col risultato che nell’intero frigorifero si sono raggiunte le temperature del circolo polare artico e per fare una pasta in bianco a mio figlio per mesi ho dovuto spaccare il burro col rompighiaccio. Mi è mancato un marito quando si è rotta la vecchia  tv  e non sapevo come liberarmene perché ora fanno le tv al plasma, prima facevano quelle che dopo averle spostate avevi bisogno di tre sacche di plasma e due giorni di camera iperbarica. Ma ho sentito la mancanza di un marito anche quando s’è rotto il tubo della doccia e ogni volta che aprivo l’acqua facevo più spruzzi degli irrigatori automatici del golf dell’Olgiata. O quando s’è fulminato il neon del bagno o s’è incastrato il filo della tapparella o è venuta giù la mensola del bagno.
Insomma, l’amore mi è mancato nei momenti che contano. E parlo al passato non a caso, perché l’agonia della solitudine davanti a rubinetti gocciolanti è finalmente finita. Ho trovato un marito. Anzi, ne ho trovati molti. E il vantaggio è che con questi mariti non solo non ho doveri coniugali, ma hanno già una moglie con cui condividere i momenti felici. Con me, devono condividere solo le scocciature. Anzi, se le devono sorbire loro. Sto parlando dei mariti in affitto. Si trovano su «Secondamano» e vari giornali di annunci, su facebook, su www.ilmaritoinaffitto.it e perfino su «Groupon», dove al momento, due ore in compagnia del marito di un’altra, ti costano 19 euro anziché settantadue. Che voglio dire, se uno pensa a quanto possono costare d’avvocato anche solo dieci minuti col marito di un’altra e senza neppure che ti imbianchi mezza parete, è già un affare. I mariti in affitto sono quei mariti che noi tutte, una volta nella vita, abbiamo invidiato a un’amica: quelli che potano le siepi che manco Edward mani di forbice, che dipingono la cassetta delle poste e fanno pure i ghirigori sulle iniziali, quelli che hanno la cassetta degli attrezzi e il barbecue sempre pulito e riparano tetti, caldaie, tagliaerba, frullatori, aerei telecomandati e torri di raffreddamento di centrali nucleari senza battere ciglio. Li chiami, loro ti arrivano a casa, fanno quello che un marito dovrebbe fare gratis e se ne tornano dalla moglie. Che detta così può suonare  male, ma è la svolta della mia vita. Nel mio listino sentimentale ormai il prezzo per una mensola dritta può essere al massimo 25 euro l’ora, non certo un matrimonio.
E poi diciamolo: è una vita che gli uomini ci pagano per il piacere, era nell’ordine delle cose che noi finissimo per pagarli per il dovere. Il contrario non potrebbe mai accadere: noi le rotture di balle, in casa, ce le smazziamo da sempre gratis. P.s. sul sito maritoinaffitto.it ci sono anche le foto dei maghi del fai da te. E vi dirò: per un paio non solo farei una proposta d’affitto, ma potrei anche accendere un mutuo.
di Selvaggia Lucarelli

sabato 20 giugno 2015

In diretta: sushingle

Non sono l'unica.
Non sono la sola.
Ad esser sola.
Accanto a me, un giovane uomo conteso fra l'attenzione del suo Smartphone e i piatti carinissimi che ha ordinato.
Gli farei i complimenti per la scelta.
Nonostante il ribrezzo che molti provano verso questo stile culinario, il locale è pieno.
Anche McDonald's nonostante le critiche continua a fare incassi da paura.
Mi trovo nel cuore della mia città, in un locale che frequentavo anche da sposata; nonostante ci siano altre realtà simili in città, scelgo questo posto per la vicinanza, dal momento che non possiedo un'auto e per la stima e la simpatia che provo per la famiglia che conduce questo ristorante. Ci scambio quattro chiacchiere ogni tanto e apprezzo il loro sforzo nel volere imparare la nostra lingua (la difficoltà deve essere enorme visto che loro non coniugano i verbi mentre la lingua italiana è piena di eccezioni).
Sono irritata dallo schiamazzo dei giovani al tavolo in fondo, poi mi ricordo di esser stata anche io così e sorrido.
Sorrido ricordando la prima volta in cui ho assaggiato la cucina giapponese.
Lui, un amico, veniva da lontano e mi aveva promesso che mi avrebbe portata a mangiare giapponese.
Ero scettica ma, in fondo, ho assaggiato il cinese, il thailandese, il filippino, il sudamericano, l'indiano, l'eritreo...perché perdere questa opportunità?
Mi lasciai guidare da lui, mi misi letteralmente nelle sue mani.
L'esperienza di gusto che ho provato mi ha fatto volare lontana...mancava poco che sentissi suonare uno shamisen e vedessi danzare due Maiko.
E lui mi parlava dei suoi viaggi mentre io, ingenua, assaggiavo coraggiosamente una dose generosa di wasabi.
E infatti lacrimavo, manco a dirlo.
Durante una cena di lavoro in Giappone, al mio cavaliere avevano offerto in segno di onore la testa di un pesce, considerata prelibata per la polpa contenuta nelle guance.
Lui era affamatissimo e anche se era grato dell'onore ricevuto, terminò la cena con lo stomaco ancora vuoto.
Si vendicò alla cena successiva rifilando ad un collega "L'onore".
A Domodossola, anni fa, un giapponese mi aveva spiegato come si tenevano per bene le bacchette e come andava utilizzato il wasabi.
Lo ricorderò per sempre, fu come volare di nuovo con la fantasia verso l'oriente lontano e misterioso.
E mentre sorrido ancora a rimembrar pensieri,sia io che l'uomo solitario accanto abbiamo ordinato altro.
Beh, avrei potuto evitare di ammazzare questo viaggio del palato con la Cola e prendere il the caldo verde. Anche perché l'aria condizionata troppo spavalda mi sta facendo venire la pelle d'oca.
E dunque: Come si sta da soli?
Io una volta non me lo immaginavo neanche di andare a cena fuori da sola. Mi sapeva di tristezza.
In realtà può essere vista come una gratificazione. I single non meritano una cena fuori?
Non si è nemmeno costretti a stare a degli orari.
Non devo rendere conto a nessuno del mio outfit e nessuno scassa l'anima per il tempo passato in bagno a litigare con la piastra per i capelli o per il caos di pennelli e colori davanti allo specchio del comò.
Le sei ante dell'armadio sono solo mie, la scarpiera pure, per non parlare del potere del telecomando.
E per essere ottimisti posso dire che il mio letto è mezzo pieno.

Il giovane accanto al mio tavolo se ne è andato poco prima di me.
La batteria del mio Smartphone si è scaricata nel mezzo della stesura di questo pezzo e son corsa a casa anche io.
La tv, trasmette un programma con ricostruzione di matrimoni finiti in tragedia, o quasi.
Penso allo sviluppo di un articolo sulla violenza sulle donne.

Mi accoccolo sul divano e concludo che un abbraccio al momento giusto, potrebbe riempire qualsiasi cuore.

Ma anche una pizza da dividere in due può fare miracoli.

*Granella Di Vaniglia*


giovedì 18 giugno 2015

Gettoni

Punto e a capo.
Gira pagina che è meglio.
Si, si.
Intanto per lo più, quasi quasi si evita di leggere la riga sotto, altro che voltar pagina.
E' sempre la stessa solfa:
tutti pronti a dar consigli che per primi non si seguirebbe mai.
Ci fosse solo un copione, poi.
Ah, non credere di sceglierlo sempre tu, eh?
Ne dico una?
Chi crede di essere unico fautore del proprio destino commette un errore grossolano.
Chi sceglierebbe una malattia, un lutto?
Ciò che siamo è la somma dei nostri natali, delle nostre radici e anche delle nostre esperienze.
Ciò che può fare la differenza è l'attitudine.
Come a scuola: Tutti ci devono andare ma qualcuno lo vede come uno strazio e qualcuno come una grossa opportunità.
E la stessa attitudine ci può accompagnare per tutta la vita.
Non te lo scegli un licenziamento, uno sfratto, un amico perduto.
Non mi dilungo sulle disgrazie per rispetto di chi le vive davvero.
Ci sono Destini che non si scelgono.
Nella migliore delle ipotesi ti si cuciono addosso e si nutrono di te, ti consumano.
E che dire dei Destini mosaico? Quelli che devi ricostruire pezzettino per pezzettino, un puzzle infinito che ti frega sull'ultimo tassello e devi rifarne almeno la metà?
Ovviamente il tuo vicino fila liscio liscio e si meraviglia della tua incapacità di fare le cose a dovere.
Sarebbe bello poter fregare la vita come si fregava il Cubo di Kubrick staccando gli adesivi e riposizionandoli.
L'Amore, piuttosto che farsi fregare da mutui e bollette, arriva a gettoni.
Ovviamente riaggancia sul più bello.

*Granella Di Vaniglia*









mercoledì 10 giugno 2015

T'ho amata

Grigia, spenta, confusionaria.
T'ho vista così la prima volta di qualche anno fa. Mi ti hanno presentata quando meno ne avevo voglia.
Eri troppa e incomprensibile.
Ti ho guardata per quel che potevo, più volte,
sempre negli stessi punti.
Ti odiavo.
Non volevo viverti e preferivo il mio pigiama addosso, piuttosto che i tuoi sguardi.
Quando ero costretta ad avere a che fare con te, sentivo solo una morsa al cuore.
Non eri mia.
Non ancora.
Non facevi nulla per farti amare.
Ho avuto bisogno degli occhi di chi ti conosceva bene e non si stupiva davanti a te, per esplorarti in un modo nuovo.
Allora sì.
Stavo capendo il tuo fascino.
Che poi la bellezza mica è perfezione .
La bellezza è batticuore e appartenenza, a volte.
Ti rubavo un po' come potevo e poi tornavo al mio quotidiano.
Il giorno in cui sei diventata mia ero disperata, rannicchiata in una tuta nera, davanti a due donne che sentivano il mio dolore.
E tu...ti aprivi piano. Goccia a goccia.
E quanto stavi diventando bella e ricca!
La mia bellezza, il mio tesoro, la mia mappa.
T'ho poi vissuta e goduta pienamente, felice e paga.
Mi sono promessa a te.
Fedele anche contro le critiche.
Lasciarti quell'anno era stato un dolore vivo, mi mancava l'aria, mi scivolavo via e non sapevo tenerti. Ma ti ho promesso un ritorno.
E saltando nel vuoto, ti sono atterrata addosso.
Andava bene qualsiasi cosa,pur di tornare da te.
T'ho urlata al mondo.
E anche se tu fai fatica a darmi delle opportunità, io ti amo ancora.
Sei la mia identità, il mio profondo, le mie lunghe notti, le mie lacrime sempre più salate.
E se devo lasciarti ancora...non so se torno.
Questa volta no.
Ma dimmi che posso ancora trovare una spiaggetta per me, un'opportunità.
E se non vuoi, almeno ricorda che t'ho amata.

Tu, la mia città.
(Novara)

*Granella Di Vaniglia*





domenica 7 giugno 2015

Zeta

La vita è breve, sai?
E per quanto mi riguarda voglio viverla intensamente.
E se per farlo ho bisogno di altri esseri viventi, che male fa?
Vado avanti e indietro di continuo, in una smaniosa ricerca per colmare i miei vuoti, i miei bisogni.
Nascere, riprodursi, morire.
E, nel mezzo, cercare di rimanere vive.
Schivando i colpi o nascondendosi.
Pregando che la prole resista molto più di noi.
Non è che serva tanto: il posto giusto, il clima giusto, le persone giuste.
Quindi, mettiamoci d'accordo.
Tu ti lasci fare, io mi riempio la pancia e la finiamo lì.
Al limite ti gratti per qualche giorno.
Tanto se non sei tu, mi fa fuori batman.

Firmato.
Zanzara.

*Granella Di Vaniglia*




venerdì 5 giugno 2015

Latte Macchiato

Funziona sempre.
Almeno per me.
Quando sono felice, estasiata, quando non ho niente da fare, quando la giornata si prospetta più impegnativa del previsto, quando la malinconia e la nostalgia bussano alla porta del cuore...
Tre semplici ingredienti.
Latte. Caffè. Zucchero.
Non ci sono orari per me.
E' una coccola, un incoraggiamento.
Non ricordo esattamente quando la mia tazza di latte caldo preparata dalla mamma, sia diventata tazza di caffelatte.
So solo che stringere quella tazza bollente, nel freddo del mattino (avevo freddo anche d'estate ...) era un prolungamento di calda coperta.
Non mi sono mai svegliata di buon umore o con gli occhi ben spalancati e pronta ad affrontare la giornata.
Ogni santissimo giorno, già da allora, il suono della sveglia era uno strazio.
Invece mia mamma aveva già acceso il televisore, caricato una lavatrice, pulito il bagno e fatto scendere la cagnetta Chicca.
Mio padre era già uscito per andare a lavoro.
Loro sono rimasti mattinieri, io no.
Continuo e continuerò a faticare, a sentirmi rimbambita ad ogni risveglio.
Quando avevo diciotto anni, un pomeriggio col mio migliore amico sono scesa in città.
Ci siam fermati al bar che c'era nella piazza da dove partiva la funicolare che collegava Il Piazzo alla città nuova.
(mi sa che la tolgono...che grave errore sarebbe).
Il mio migliore amico ha ordinato una crema zabaione calda. Io volevo un cappuccino ma ho chiesto di mettere meno caffè.
Il barista mi ha suggerito il latte macchiato.
Ho detto : "Fai tu".
Ed ecco un bel tumbler alto con la mia bevanda dal colore sfumato e una bella schiuma densa sopra.
Amore al primo assaggio.
Ecco cosa ordino sempre al bar.
Agli orari più improponibili tra l'altro.
Anche a casa.
E' la coppa perfetta per festeggiare qualcosa.
O la carezza nei momenti bui.
Compagnia e culla.
In giro in città ne ho provati diversi.
Qualcuno credo che lo prepari direttamente col petrolio.
Ricordo qualche latte macchiato spettacolare:
quello di Davide, che mi ha suggerito di metterci la cannella mentre si filosofeggiava;
quello della dolcissima ed empatica Marzia, perfettamente calibrato tra gusto e servizio attento e impeccabile, più che una barista una sorella.
Ma voglio dare un tributo speciale a Marco.
Ci siamo dati del "lei" per quasi quattro anni, anche se ho fatto colazione 'da lui' quasi tutti i giorni.
D'istinto ho sempre provato un profondo rispetto per lui. Tranquillo, metodico, educato, estremamente paziente. Simpatico ed intelligente, che non guasta se vuoi interloquire.
Si sa che spesso i baristi diventano lo scrigno di segreti di ogni tipo e loro non battono ciglio.
Anche Marco è così.
Ha la capacità di sapersi fare apprezzare dai bambini, presta loro attenzione e di questo i bambini si accorgono subito.
Quando ha l'influenza e si trova suo malgrado a dover tenere chiuso il locale, al suo ritorno l'accoglienza è goliardica ma sinceramente accorata. Lui è anche bravo ad incassare le battute. E a rispondere.
E fra una carica di lavastoviglie e un giro di straccio ad asciugar bicchieri, mi ha servito sempre in maniera impeccabile un latte macchiato che è stato testimone di riflessioni e scambi di di opinioni di ogni sorta.
Con Marco puoi parlare di tutto.
Non ha paura di dire quello che pensa e se ne prende la responsabilità. Non ha paura di andare controcorrente e nemmeno di dare più di un solo punto di vista.
Ha una memoria fervida e una bustina di Tachipirina sempre pronta da offrire al lamentone dolorante o febbricitante di turno, me compresa. Appassionato di piante e innesti verdi ma anche di motori, parla con orgoglio dei risultati del suo pollice verde mentre dà una dritta a chi rimane "appiedato".
Una serie di gadget e ricordini decorano il suo spazio si lavoro: un nastro natalizio, una mollettina fermacarte con la renna in feltro, adesivi di ogni sorta e colore, un puffo con gli occhiali e la pergamena.
Ti sembra di stare in famiglia nel suo bar, arredato da un bancone grande angolare
e solido, nessuna pretesa di essere "alla moda" ma estremamente funzionale. Bè, quelle scale mettono un po' d'ansia eh... imbranata come sono, ogni discesa è una scommessa.
Però il tavolino all'angolo è una piacevole certezza. Strategica. Da lì vedo il retro del bancone e attraverso la grande vetrata osservo il mondo che passa o parcheggia.
E, tempo a disposizione permettendo, prendo spunto da qualche notizia di giornale per scambiare quattro chiacchiere.
Qualche volta è pure capitato che Marco mi vedesse andare via con un sorriso amaro e un saluto strozzato.
Lui, discreto, non ha mai chiesto nulla.
E quest'anno Marco andrà in pensione.
Ce l'ha fatta.
Sa già a chi lasciare il locale.
Ne parla con aria soddisfatta ma, da bravo stacanovista, sa già che non starà in pantofole sul divano: collaborerà al bar di suo fratello e saprà darsi da fare in molti modi.
Per ora io gli rivolgo il mio Grazie per i confronti, i silenzi, i consigli e gli porgo tanti auguri di una nuova splendida stagione di vita!
Ah, Marco? Un latte macchiato, per favore.

(e attento al Puffo)

*Granella Di Vaniglia*


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martedì 2 giugno 2015

Testi Corner: Irene Fargo/I separati

I separati sono stelle cadute
dentro il fondo di un bicchiere
Sono angeli con le ali al muro
li vedi svegli ma sanno sognare
Mele mature con un morso solo
sulla tavola del mondo
Chissà chi le finirà di mangiare
quando al destino chiederanno il conto
I separati davanti alle scuole
con i cuccioli da  aspettare
E ricordarsi di comprare il pane
e ricordarsi di dimenticare
Con una mano sanno accarezzare
e con l'altra sanno pugnalare
Sono conchiglie diventate sorde
dove non si sente il mare.
E vanno e gli anni se ne vanno
ma dove e come e quando
ci guadagnamo il tempo ricominciando
E vanno ma gli altri che ne sanno
di come gira il mondo
per chi si è perso amando...amando.
I separati pieni di lavoro
in equilibrio tra il dire e il fare
Con la bocca dei vicini
vanno all'inferno o sull'altare
I separati hanno tanti amici
eppure parlano da soli
Li vedi a un tratto diventare seri
quando si sono persi nei pensieri
Li vedi seppelliti nei divani oppure
vivi! Con il viso al sole!
Sembrano barche in balia del mare
li vedi a terra ma sanno volare
E vanno e gli anni se ne vanno
ma dove e come e quando
ci guadagnamo il tempo ricominciando
E vanno ma gli altri che ne sanno
di come gira il mondo
per chi si è perso amando...amando.
I separati sono stelle cadute
dentro il fondo di un bicchiere
Se nella vita il treno è già passato
si volta pagina
Punto e a capo.

sabato 30 maggio 2015

Dell'inutilità della gelosia

E'insita nel DNA, credo.
A qualcuno spunta fuori come l'herpes: visibile fastidiosa e contagiosa, cronica o ciclica.
 Non c'è cura che tenga: la puoi assopire, dimenticare in un angolo, ma nasce con te e muore con te. Nell'intermezzo ti rovina l'esistenza.
"Ma se uno ci tiene è geloso per forza".
Ci tiene? Sì, a sé stesso. Un conto è temere che l'amata metà possa mollarti quattro a zero preferendo piumaggi più colorati.
Ma se sei sano di mente ti tieni il timore come un sottofondo e riempi di attenzioni lui /lei.
Se invece cominci a sbirciare il suo cellulare, cronometrare le tempistiche di percorrenza della tratta 'casa lavoro casa supermercato casa scuola' col controllo incrociato, gli fai il vuoto intorno direttamente o indirettamente...
di sano forse...hai solo che sei portatore di qualche biodiversità.
Mettitelo in testa, tatuatelo, scrivilo col sangue sugli stipiti delle porte: se ti vuole tradire , lo fa comunque. Anche sotto il tuo naso.
Ed è inutile che lanci le frecciatine sui social o gli stai incollata come un francobollo: rischi di non trovarti la scritta "prioritaria".
Il solo fatto che conosca qualcuno che non sia tu, non è segno di tradimento.
Se va a prendersi un caffè con qualcuno che non sia tu, non è tradimento.
Se fa un sogno erotico in cui non sei presente tu, non è tradimento.
Se bacia sulla bocca qualcuno che non sei tu e di mestiere non fa l'attore...ecco...magari facci una pensata.
Ma prima di pensare alla vendetta, alla dipartita, al 'pan per focaccia', pensa di farti un esame di coscienza.
Hai scelto un traditore seriale?
Tranquilla, quelli tornano sempre indietro.
Ti amava alla follia eppure è capitato?
Bè, uno scivolone glielo puoi perdonare.(??)
Dopodiché non ti resta che chiederti come mai la sua mente ha avuto un blackout temporale emotivo nei tuoi confronti.
Mettiamola così: presente quando chiedi "Ma tu quanto mi ami da uno a dieci?".
Inconsciamente abbiamo un punteggio.
Come per la patente. Facciamo cento punti.
Dopo la favola iniziale rimane il rispetto:
il rispetto per i ricordi, il rispetto per ogni pasto preparato, il rispetto per la tachipirina lasciata li sul comodino insieme ad un cuoricino colorato, il rispetto per il solo fatto di esserci l'uno per l'altra.
Ognuno ha il proprio punteggio di tolleranza:
per qualcuno appena scendi al novantanove sei da buttare via, e va bè, son casi psichiatrici.
Ma se, per esempio, il grado di tolleranza non deve scendere sotto il quaranta...appena tocchi la soglia è finita.
Punti ne perdiamo tutti.
Qualcuno si salva con l'indulto o pagando il doppio del prezzo necessario.
Ma se il tradimento è sbagliato
la colpa non è mai di chi ha sognato.

Rilassati, quindi.
Al limite devi ridare l'esame.

*Granella Di Vaniglia*







giovedì 28 maggio 2015

Venom

Stavolta sputo veleno.
Anche di questo potrei fare una serie.
Due cose mi premono ora, poi magari più avanti posso sviscerare meglio la questione.
Soldi e creatività.
I soldi non fanno la felicità.
Quelli degli altri no, se sono tuoi è un'altra storia.
Coi soldi puoi prenderti un appartamento, due automobili e una moto, mandare i figli in scuole private, prenderti il cellulare più figo del momento e un notebook di tutto rispetto e chi più ne ha più ne metta. Letteralmente.
Mica salvi il matrimonio coi soldi.
Vero è che, se sei povero e hai un matrimonio da incubo, maledici ogni giorno d'esistenza.
In entrambi i casi, se non si vuole essere ipocriti, o si aggiusta la situazione o ci si stringe la mano dopo averla stretta ai rispettivi avvocati.
E prova a fare pace con un amico porgendo un ventaglio di banconote: quello si piglia i soldi e ti saluta.
Poi ci sono le vittime di ingiustizie o i parenti di vittime della strada o della follia: neanche coi miliardi ritrovano la pace.

(io son disposta ad essere infelice per voi, mandatemi pure un bonifico)

Un'altra faccenda che mi fa increspare il cuoio capelluto e alzare la pressione è il controllo smanioso che vogliono esercitare certi uomini sulle loro donne.
Dovete sapere, cari principi azzurri,
che una volta che avete salvato la bella addormentata di turno e l'avete svegliata, quella ci rimane sveglia.
E scopre che il mondo offre un sacco di opportunità e poi le viene voglia di imparare, dire, insegnare, condividere, confrontarsi, lavorare, avere figli, trovarsi degli hobbies.
O magari le basta cambiare colore di capelli e estetista ogni tanto.
E quando lei, "ambiziosa come nessuna, si specchia nella luna", si offre al vostro giudizio, tutto si aspetta tranne una catena, o un colpo di machete.
Basta anche una critica costruttiva.
Un incoraggiamento.
Un buffetto sulla guancia.
Un abbraccio.
Un bacio Perugina, se avete l'alitosi.
O un diamante.

Ok vada per il diamante.

*Granella Di Vaniglia*


Popcorn Series: Gabriele Francesco

Un bambino che ha vissuto così poco da diventare eterno nella memoria.
Gabriele Francesco esiste ancora.


"ALLORA NON SONO NATO INVANO.
Mi chiamo Gabriele Francesco, sono nato a Novara l'undici aprile duemilatredici. Sono morto lo stesso giorno in cui sono nato. Adesso tutti starete pensando che mamma e papà non di sono comportati bene: in effetti mi hanno lasciato solo, sotto un cavalcavia, con indosso pochi stracci e nemmeno un biberon nei paraggi. Ma io non mi permetto di giudicarli. Certo è che noi neonati siamo indifesi: ci buttano dai ponti, ci fanno esplodere con le bombe, ci vendono per pochi soldi. Siamo carne da telegiornale.
Prima di chiudere gli occhi mi sono raggomitolato tra i rifiuti, per cercare conforto e ho pensato: ma è davvero così brutto questo mondo che sto già per lasciare? Poi mi sono sentito sollevare e sulla nuvola da cui vi scrivo ho visto che la bellezza c'è ancora.
C'è bellezza nel camionista che mi ha trovato e nell'ispettore che mi ha messo questo nome meraviglioso: è importante avere un nome, significa che esisto davvero. C'è bellezza nei poliziotti che per il mio funerale hanno fatto una colletta a cui si sono uniti tutti, dai pompieri alle guardie forestali.
E c'è la bellezza nella ditta di pompe funebri che ha detto "Per il funerale non vogliamo un euro". Così i soldi sono andati ai volontari che in ospedale aiutano i bimbi malati. Dove sono nato io metteranno addirittura una targa.
Allora non sono nato invano.
Mi chiamo Gabriele Francesco e ci sono ancora."

Bel pezzo trovato su Facebook.

Ciao Gabriele Francesco.
*Granella Di Vaniglia*



  

lunedì 25 maggio 2015

Il Trattorino Corner: L'importante è correre

A me piace molto elogiare chi merita.
E mi piace condividere pensieri.
Questa nuova sezione prevede l'inserimento di perle di saggezza del mio amico di Facebook "il Trattorino".
Vai con la prima.

Il Trattorino says: "Ho sempre pensato: nella vita è fortunato chi parte avvantaggiato. Ora penso che nella vita è fortunato chi parte. Chi riesce a partire. Chi riesce a sentire lo sparo nell'aria che dà il via. Chi ha capito che adesso è il momento di correre. Chi ha capito chi sono realmente i propri compagni di squadra e chi è capace di correre in solitaria fissando solo il proprio traguardo. Chi vince. Chi perde. Chi ha coraggio di confrontarsi. Chi ha il coraggio di mettersi in gioco. Ora penso che nella vita non importa da dove cominci, dove arrivi o quanta strada riesci a calpestare. L'importante è correre..."
(il Trattorino, 25/05/2015)

venerdì 22 maggio 2015

Sì, lo voglio

Premetto che per me la felicità
si può customizzare per dritto e per traverso.

Non faccio esattamente i salti di gioia riguardo i matrimoni gay.
Ma credo che abbiano centrato in pieno l'esigenza di conservare qualcosa che per gli etero assume, a volte, la leggerezza della carta straccia.
L'amore non ha regole e non è certo una firma a confermare se siamo innamorati o meno. I matrimoni combinati o per convenienza ne sono un esempio.
Mettiamola così:
chi sceglie la convivenza lo fa nella convinzione che non sarà un contratto a determinare la durata della relazione, il suo funzionamento, la sua intensità, la sua intenzione di fedeltà e sostegno ecc. Una forma di consapevolezza e concretezza, a volte disincanto, che induce a pensare : "Se poi finisce, ognuno a casa sua e bon".
Eppure qualcuno vuole formalizzare anche la convivenza, la coppia di fatto.
Pacs, Dico... Non so se abbiano inventato altre sigle.
Tanto vale sposarsi, allora.
Credo che i gay che vogliano convolare a nozze stiano conservando il sogno, il sogno realizzato di trovare qualcuno a cui dedicare il cuore.
Sanno che trovare la persona giusta non è scontato, per loro non è che 'morto un Papa se ne fa un altro' , non è che trovano un'altra persona come loro appena svoltato l'angolo.
E lo sanno. Quando la trovano sono strafelici, si sentono onorati e fortunati e questo, q u e s t o, hanno conservato, questa è la loro chiave di volta.

Questa deve essere la chiave di ogni relazione.
Va troppo di moda mandare a quel paese, pretendere che l'altro ci faccia felice, chiedere dispoticamente rispetto.
Troppi matrimoni si basano sul conteggio di chi fa più o fa meglio.
Parlo del quotidiano,eh...
Ci sono interi stabili che tremano sotto le litigate di una coppia che "son due giorni che non butti immondizia/ lasci sempre la tavoletta del water alzata/ tocca sempre a me portare fuori il cane/ quando fai tu la spesa ti dimentichi sempre le mie brioches preferite ma la tua cavolo di birra non te la dimentichi mai/ tu lavori seduto tutto il giorno mentre io mi spacco la schiena in magazzino dalle cinque del mattino quindi i piatti li lavi tu-ma mi son fatto tredici ore di lavoro- capirai che fatica//
Potrei andare avanti all'infinito.
Se si tassassero le mancanze di rispetto e l'intolleranza gratuita, avremmo un'Italia gloriosa e fiorente.

E pensare che qualcuno, da più di duemila anni, aspetta solo che impariamo l'unica regola universale: Ama il tuo prossimo come te stesso, amatevi gli uni gli altri.

*Granella Di Vaniglia*






giovedì 21 maggio 2015

Calzini spaiati

NB. Nessun calzino è stato maltrattato per ottenere questo articolo.
La Svizzera ha sempre il suo rigore.


L'altra metà della mela.
L'anima gemella.
Mi completa.
Mi somiglia.
Siamo gli opposti che si attraggono.
Scagli la prima pietra chi non ha mai detto almeno una volta una di queste frasi.
Ruggiero (con la I in mezzo)
ha amato al punto da giurare di non farlo mai più, non ha mai tradito la compagna neanche col pensiero e si è trovato da solo; trovatosi poi in una storia "di mezzo tra l'amicizia e l'amore", ne è fuggito di corsa imbavagliando il cuore.
Fabrizio paga cara la sua libertà che non ha prezzo, vede l'amore come qualcosa che non ha nulla a che vedere con le convenzioni e il "si fa così": ti dice che l'amore fa un giro strano a volte, che può succedere con chiunque, con chi non te l'aspetti, senza una spiegazione, etereo ed assoluto.
Julio è caduto e si è alzato più volte.
Ha in comune con Fabrizio e Ruggiero la rigorosità. Ne fa un vanto, un baluardo.
Preciso e puntuale come un orologio Svizzero.
Pardon, lui in Svizzera ci vive.
 Chiede persino il permesso di mandare un saluto. Entra nella vita degli altri in punta di piedi e sa anche quando andarsene.
Ha una profonda stima per la sua ex moglie dalla quale ha avuto un figlio, anche se un po'soffre la mancanza di spirito avventuriero di lei. Nel suo lavoro deve saper polarizzare le decisioni e applica questo stile anche alle sue avventure. Non è esattamente un incosciente, ha trovato il suo equilibrio semplicemente rispondendo in maniera chiara ai suoi bisogni emotivi. Se gli gira il pallino di scendere di notte fino a Milano a trovare un'amica che lo invita per un insolito caffè lo fa. Volere è potere, come si dice.
Nel suo rigore, che punge gli eterni indecisi, ha compreso una cosa fantastica.
Capirà davvero di essere innamorato quando si troverà ad indossare calzini spaiati.
L'amore ti spettina, ti alleggerisce, ti mescola come un sacchetto di cereali in cui trovare la sorpresina. Può renderti talmente felice e scombinato da farti trovare l'eterno in una notte impossibile.
Poi al mattino ti voglio vedere, in ufficio.

*Granella Di Vaniglia*

martedì 19 maggio 2015

Pop Corn Series: Ainoha

Ce ne sono a migliaia come lei.
# "...ma sua moglie fortunata, resta quella là"#
sarebbe la sua descrizione perfetta.
Su internet le storie sono strazianti, ci sono forum appositi.

Vediamo la storia di Ainoha.

Se la passa piuttosto male dopo la separazione da un marito dispotico e cattivo dentro, il lavoro è un miraggio e, tirare avanti, una scommessa.
Ha un figlio che adora e che la adora. Almeno quello.

Capita che nel momento meno opportuno della sua vita, un messaggio privato proveniente da un social le apra una porta che, forse, avrebbe dovuto ignorare.
Luigi, il nonno volontario che sta fuori dalla scuola ad aiutare i bambini ad attraversare la strada, le fa sapere che un suo amico, sportivo e giovanile, l'ha notata in mezzo a decine e decine di altre donne e da mesi lo stressa affinché faccia le dovute presentazioni.
Ainoha è lusingata ma appena scopre, nel messaggio, che Eros è sposato, le cadono le braccia. È anche un po' offesa: per chi l'avevano presa?
Per abitudine, educazione o chi lo sa, decide di prendere contatto con Eros e iniziano a conversare tramite messaggistica istantanea.
Eros ci sa fare con le parole scritte e Ainoha, appassionata lettrice e scrittrice, ne rimane affascinata profondamente.
Lui non nasconde di essere in mezzo ad una frustrante crisi matrimoniale, così forte da fargli dubitare della sua virilità e utilità.
In pochi giorni di intenso scambio tramite internet, Ainoha ed Eros sentono crescere una piacevole tensione-attrazione fra loro. Poche settimane dopo si incontrano.
E' sbagliato, non si fa.
Ma se l'emozione è così forte, dice Ainoha, non può essere solo un caso.
Dubita ancora di essere lei, quella che lui ha notato in mezzo a mamme e donne molto più belle. Ma lui, dopo una cena magicamente rilassata, le conferma tutto.
Consci entrambi della chimica che già si preannunciava da giorni, l'imbarazzo scende con la notte e li culla nell'abitacolo della macchina sportiva di lui, che le chiede:"Ti senti ancora timida?" Lei, sincera:"Si...non so cosa fare" . Eros, con l'educazione che lo contraddistingue ma resuscitando lo spirito cacciatore insito in ogni uomo :"E se ti do un bacio?"
Ecco.
In quel momento forse è scoppiato un temporale. O un gioco pirotecnico. Forse la terza guerra mondiale. O forse non è successo nulla ed il mondo sta solo in silenzio sotto la pioggia di fine estate.
Ainoha non sa rispondere.
Pensa all'immagine che sta dando di sé,
si aggiusta impacciata il vestito, prega di non fare gaffe.
Lui le da un bacio a fior di labbra.
Ok, sono ancora viva, pensa Ainoha.
Eros la guarda negli occhi e poi le guarda le labbra.
Un attimo dopo sono uniti in un bacio appassionato e perfetto.
Eros le chiede: "Da quanto tempo non baci qualcuno?"
Ainoha, abituata com'è alle critiche, si mette sulla difensiva :"Più di un anno e mezzo. Bacio così male?"  Eros: "No,affatto. Baci divinamente".
E chi li ferma più.
Non l'imbarazzo che accompagna ogni prima volta, non la possibilità di essere beccati, non l'ora tarda.
Ainoha si sente tremare dentro.
Quasi come tornasse ad una prima volta adolescenziale.
Lui è attento e capace, ma discreto e rispettoso.
Ainoha sta volando in alto.
Quando torna a casa sa che presto l'aria inebetita stampata sul suo volto, se ne andrà col giorno nuovo.
Son cose che capitano, dice.
Passerà, dice.
Ma settimane dopo ha ancora quel sorriso, gli occhi che brillano, le guance vive ad ogni messaggio di Eros.
Lui non fa promesse palesi, ma lascia nell'aria l'idea "di un ipotetico futuro".
Per lei sono parole di latte e miele, non serve altro per sognare.
Ainoha peró, presto sente la pressione e l'amaro della vita da "terza incomoda".
Deve attendere il benestare di lui per mandare un messaggio dopo che Vanessa, la moglie di Eros, ha quasi beccato le loro conversazioni vivaci.
Lui le rimprovera la mancanza di concretezza ricordandole che una storia non si costruisce "due cuori e una capanna" e che lui, senza stabilità materiale, non vuole azzardare il passo decisivo della separazione da Vanessa.
La spiegazione prettamente materiale, Ainoha la sentirà ciclicamente nel corso della loro storia.
I loro incontri hanno incastri chirurgici tra il lavoro di lui e quello di lei, oltre all'impegno genitoriale di entrambi.
Ainoha si aggrappa ai momenti con Eros, unica luce in una vita che, nonostante le lotte, non si decide a darle pace.
Ainoha ha perso delle battaglie personali, lui cerca di consolarla, di spronarla.
A volte discutono.
Eros è sempre più geloso di Ainoha.
E lei ne è lusingata in parte.
Ma Eros, ogni notte dorme con Vanessa.
Ogni santissima notte.
Si addormenta per lo più sul divano,
ma nel cuore della notte va nel letto.
Con lei.
Ainoha vive questa situazione con un misto di rabbia, gelosia, disperazione, dubbi.
Poi Eros torna e ritorna l'allegria, la passione, la chimica come la chiama lui e Ainoha mette in tasca tutto il resto.
Forse anche il cervello.
Eppure è lucida, cosciente.
Sa che Eros non lascerà mai Vanessa.
Per le ragioni che ha dato lui.
E perché sembra che abbiano bisogno l'uno dell'altra. Lui sembra aver bisogno dello sciapo trascinarsi di lei da una stanza all'altra, dell'eterno borbottare ordini e manie di controllo materno-maniacale che lei ha da sempre verso di lui. Lei ha bisogno di lui che faccia la spesa, apparecchi la tavola, metta a nanna i due bimbi , porti fuori il cane.
Altrimenti non si spiega.
Ainoha ci combatte ogni giorno coi sensi di colpa. A volte si sente pure solidale con Vanessa: in fondo è una madre anche lei, una moglie stanca di tutto come lo era stata lei.
Ainoha si chiede pure se sia il caso di stare con un uomo che sa mentire così a lungo.
Sta di fatto che Ainoha sa che Eros e Vanessa non si lasceranno mai.
Ma Ainoha ama Eros.
Follemente.
Non pretende di aver ragione, non sostiene di essere nel giusto. Si sente sbagliata fino al midollo. Non è esattamente una rovina famiglie: è stato lui a cercarla. Non ha nemmeno la certezza che Eros la ami allo stesso modo, teme che in fondo lui ami ancora Vanessa che, comunque, gli ha dato due figli e sta con lui anche se non la sfiora da almeno due anni.
E se non è così?
E se invece Eros e Vanessa fanno ancora l'amore? Bè, non potrebbe farci nulla Ainoha.
E se invece anche Vanessa ha una storia parallela?
Che caos.
Le pochissime persone che sanno, dicono ad Ainoha che lui probabilmente si vede anche con altre. Ma Ainoha non ci crede. Anche perché con la stessa logica significherebbe che anche lei vede altri.
Ainoha tratta Eros come se fosse l'uomo migliore del mondo. Gli accarezza e massaggia la schiena mentre lui si racconta, lei ascolta mite ma col cuore sottosopra e un po' sorride dentro quando lui si preoccupa per ogni millimetrico cambiamento o strana sensazione.
Lei vorrebbe solo alleviargli la vita, regalargli un mondo di pace, accarezzargli il viso mentre lui guida o ascoltare con lui in auto un vecchio disco dei Depeche Mode. Ainoha si perde spesso a guardare i lineamenti di lui, mentre sogna che sia lui a farlo, mentre chiede in silenzio e prega per una carezza in più, mentre cucina per lui e ogni volta sbaglia qualcosa e spera che lui si intenerisca.
La gente pensa all'amante con ad una persona opportunista, priva di ogni moralità, superficiale.
Ainoha ti fa capire che non è così.

Ainoha preferisce intraprendere un viaggio in cui perdersi, che non partire mai.

*Granella Di Vaniglia*














lunedì 18 maggio 2015

In Diretta

Può essere utile, a volte necessario, ponderare i pensieri.
Alcuni però hanno cottura istantanea.
Cotto e mangiato, come si dice.
Basta che escano. Subito.
In questo istante ho prelevato mio figlio da scuola. Un appuntamento che dura da anni ma che diventerà man mano sempre più raro.
Guardo i bimbi di prima elementare col nasino all'insù che cercano la mamma, il papà, i nonni.
Sembrano cerbiatti.
Il mio ormai è un dinosauro di quinta che entra ed esce spavaldo e si raccomanda che io non faccia scene mielose davanti ai suoi compagni.
E' una bolgia, fuori da scuola. Se c'è un momento in cui mi intimidisco è questo: Vorrei sparire ed evitare la folla, è un momento mio, quasi intimo. Mi ricongiungo con la persona che ho più cara al mondo. Lui ogni giorno va sempre un po' più via da me e tutta sta fretta se potessi la cancellerei. Mi ingelosisco un po' quando dice che vuole stare coi suoi amici, ma mi rassereno sapendo che è normale.
Ora voglio chiacchierare con lui. Ridere. È un rito per me. Significa molto.
Il mondo intero può attendere.

*Granella Di Vaniglia*

domenica 17 maggio 2015

Faccia da Poker Series Vs/ Il caustico

Risposta semiseria e reinterpretata di un caustico.


NB. Nessun impiegato biellese è stato maltrattato per ottenere questo articolo.



"Cara Granella Di Vaniglia,
le persone sincere vere e schiette ad ogni costo, esistono.
Non parlano sempre, ma quando lo fanno ottengono due risultati: Terra bruciata, nella maggior parte dei casi, relazioni solide come rocce come seconda opzione. Poche, pochissime. Ma solidissime. Siamo solitari per scelta degli altri, cinici per difesa, ma tremendamente simpatici. Diamo quello che cerchiamo: Onestà profonda. Perché non è che sia facile. Ci si adatta, ma non ci si diverte quasi mai. A meno che non si trovi una vittima a portata di mira. Dietro le porte dei nostri uffici ci scambiamo le fototessere degli ipocriti che ci circondano: Ne escono veri trofei e Leghe di lancio del tagliacarte. Le nostre mamme ci amano alla follia, perché riconosciamo in loro l'impegno e l'amore per eccellenza. Siamo tremendamente eleganti anche nella causticità. Mandare a quel paese con un sorriso è la nostra specialità. Perdoniamo le debolezze, gli errori commessi per ingenuità, ma la cattiveria mai. Se una persona, che fa parte dei nostri affetti, si fa prendere palesemente per i fondelli, sfoderiamo tutte le armi. Non molliamo. Ci prudono le mani. E la lingua perde ogni freno. Non risparmiamo le carezze, abbiamo affetto e amore da vendere. Siamo solo da scoprire un po'.
Ma almeno non ci nascondiamo dietro nomi improponibili per dire quello che pensiamo. T'è capì granella di qualcosa?
(Andrea) "

*Granella Di Vaniglia*

Faccia da Poker: l'arte di ingoiare il rospo, la rana, i girini, i vermi...

Io non ci credo.
Prima o poi deve succedere.
Dai, su.
Con la manìa di scambiare la mancanza di tatto per sincerità, da qualche parte ci deve stare qualche botta da incassare :" Io sono sincero, dico quello che penso, sono quello che sono, non ti piglio per i fondelli, ho un brutto carattere ma almeno non mento..." .
Sorry, non ci credo.
Anche i pionieri del pensiero succitato ingoiano rospi e altri generi faunistici.
Magari al lavoro, giusto perché il periodo storico economico attuale non ci permette esattamente di alzare troppo la cresta.
Oppure chi, nonostante l'ostentata indipendenza, sta ancora a casa di mammà senza un vero motivo valido.
Ci sarebbe poi una menzione speciale per i matrimoni che con la faccia da poker 🃏 vanno avanti per anni anni e anni. Meriterebbero pure un capitolo a parte.
Le facce da poker da premiare, però, sono quelle di alcune donne/mamme separate che, ciclicamente, devono affrontare"L'altra".
Lei che, forse per sfortuna da fare quasi tenerezza, ha colpito il cuore (cuore? Sicuri?)
dell'ormai ex compagno di vita e che, per questo, pensa di aver quasi un diritto sul pargolo di lui .
Queste mamme che, eroicamente, sorridendo in modo così innaturale da farsi venire un'infiammazione al trigemino, accettano di vedere il loro pargolo felice e contento al compleanno del pargolo dell'altra.
Quest'altra che, come fosse un segreto di chissà quale portata, dice che la festa si terrà "in un ristorante prenotato appositamente".
Poi invece la festa sarebbe un menu Eat all you can al sushi bar del centro commerciale.
In ogni caso fa male e la faccia da poker diventa un'arte.
Un pezzo di cuore che se ne va in giro per il mondo, per queste mamme che si sentono sempre a metà.
Eppure sorridono, mentre l'altra palesa l'amore che ha verso sé stessa. "Io, io, io".
Sa tutto lei, l'altra.
La diplomazia, la capacità di fare un passo indietro, non sono atti di debolezza.
Sono scelte di crescita.
A volte per crescere, bisogna ingioiare rospi, rane, girini, vermi e quant'altro.

Io credo di avere uno zoo nel tratto digerente.


*Granella Di Vaniglia*



sabato 16 maggio 2015

Pop Corn Series: Claudio

Non è che uno le trovi esattamente per terra.
Nemmeno nell'uovo di Pasqua.
Le trovi. Punto.
Ognuno a modo suo le trova.
Claudio le ha trovate svegliandosi in un mondo alla rovescia che non è più il suo.
Mica le ha viste subito.
A dir la verità si è svegliato che per metà non ci vedeva più.
E non sentiva nulla.
Presente quando dici "Non ti sento"?
Lui non ci sente più per davvero.
Per certe scemenze può essere pure una fortuna.
Invece il Destino, Dio, il Karma- chiamala come vuoi ,questa- è una sfortuna fottuta.
Hai presente quando dici: "Papà, io esco?"
e papà ha quel sesto senso, quello strano prurito genitoriale che ti fa dire "Domani devi andare a lavorare, stai qui con noi"?
Ma se hai vent'anni mica ci pensi.
Esci. E prometti di rientrare presto perché poi la sveglia ha sempre lo stesso fuso orario e se ne frega se hai dormito o no a sufficienza.
Sta di fatto che Claudio è uscito, fresco e profumato di doccia dopo la faticata in palestra.
La partita a calcetto degli amici era già iniziata,
lo scooter parcheggiato fuori , la sera era tiepida di Maggio. La normalità da bere come lo sai fare solo a vent'anni.
Perché tutto ciò che c'è oltre quel mondo non è normale, poi certe cose succedono solo agli altri, solo al telegiornale.
Il cervello a volte ci salva. Ci protegge.
E cancella.
A Claudio è rimasta l'ultima immagine di una rotonda, nel buio senza traffico di periferia.
E il nome della sua fidanzata.
Non lo sa dello schianto, forse il rumore, forse la fretta nel cercare soccorsi.
Un pezzo di storia bruciata.
Gliela raccontano e lui racconta di un racconto.

Lui, con pensieri semplici, dice "Era come se avessi tre teste, il cranio si è aperto in due, come una trappola" Forse gliel'hanno spiegata così e lui la ripete così.

Fastidio. Formicolio. E un silenzio che fa paura.
Ma con una cannula in gola non lo puoi gridare, lo pensi solo quel :"Cosa ci faccio qui?"
Il volto piú bello, quello che impari a riconoscere appena nasci, lo riconosci subito anche dopo due mesi di blackout. Niente. Il cervello si era preso ferie. Ma lei, la mamma, ti guarda sempre come se fossi il migliore al mondo. Per lei non ci sono pannoloni, catetere, tubi e flebo che possano inficiare l'amore più grande. Per lei sei tu. E lei la riconosci subito.

Diversi camici bianchi.
Un salto all'indietro come se avessi tre anni, la realtà frammentata in pensieri semplici quasi primordiali.
E si ricomincia. Te lo dicono, te lo fanno capire che si ricomincia.
Da zero.
Parlare.
Contare.
Camminare.
Leggere.
Scrivere

La rabbia viene dopo.
Quando riacquisti, a furia di logopedia, la capacità di esprimerti. E quindi riconoscere i tuoi pensieri.
E' quasi fisiologica, addirittura normale. Ce la si aspetta, prima o poi arriva.
La tua vita ha le risposte in mano a chi c'era, a chi ha visto e non te lo dice.
Rimane, come ai bambini di tre anni, una domanda: Perché?
Neurofisioterapia.
Perchè?
Logopedia.
Perché?
Esami.
Chi sa la verità?
Dottori.
Chi tace ciò che sa?

Poi in due anni che ci vogliono a reimparare a camminare ti rendi pure conto che forse non conoscevi davvero chi popolava il tuo mondo.
Sono quei momenti amari in cui la vita ti insegna a distinguere gli amici veri, i valori che contano. Una specie di dolorosa selezione naturale, ci sarebbe pure da risparmiarsi a scommetterci: ci pensano momenti come questo a fare il lavoro sporco di smistamento.

Quando la valanga scende lo fa fin quando ne ha basta lei, non quando ne hai a basta tu:
la fidanzata si è dileguata da un pezzo, forse sotto la pressione dei familiari; papà non ce l'ha fatta: lui che ti aveva suggerito di rimanere se ne è andato, ma ha combattuto tutto, fino in fondo; chissà la mamma: fiore d'acciaio nel deserto, avrà un segreto per resistere a tutto?
E tuo fratello in America, tua sorella che non è rimasta immune dai suoi dolori personali..anche se piangessero ogni giorno, cosa cambierebbe?

Hai un lavoro che oltre a renderti indipendente, fa crescere in te piccole soddisfazioni quotidiane, così come crescono le piante che curi da anni.

E comunque, quando ti chiedi "Cosa cambierebbe? Se ancora provassi rancore, odio, cosa cambierebbe?"

Ecco.
In quel momento sai che da quando ti sei svegliato nella tua seconda vita, le hai trovate.
Le trovi quando dici:
Inizi una seconda vita
quando ti accorgi che di vita ce n'è una sola.

Le hai trovate, le chiavi del mondo.
~~~~~~~~~

Claudio, trent'anni oggi,
vive da dieci anni senza udito ed è ipovedente.
A seguito di un fatale incidente in scooter, in cui la verità è ancora chiusa chissà dove, ha riportato serissime lesioni, è stato in coma per due mesi e ha subito diversi interventi, oltre ad aver seguito un lungo e doloroso percorso verso la riconquista di una vita.
Ora parla, ha imparato la LIS, adora mangiare da McDonald's ( "Il sushi nooo per favore" ti dice) si racconta senza versare una lacrima.
È il gigante buono che aspetta speranzoso l'intervento che gli restituirà, almeno esteticamente, l'orecchio destro.

In bocca al lupo, Claudio

Buona vita!!
*Granella Di Vaniglia*

























Pop corn: ogni vita, una storia.

A me capita spesso.
A giorni alterni almeno.
Immagino di scrivere un libro sulla mia vita.
Poi mi rimangio tutto all' idea dell' immense, inesorabili, mie figuracce quotidiane.
Mi consolo dicendomi che ridere fa bene e quindi sarei una buona persona che aiuta la gente facendola ridere. Poi ci ripenso di nuovo: c'è da piangere delle volte, altroché. Ma dell'imbranataggine cronica avremo modo di parlare.
Le storie vanno comunque raccontate.
Altrimenti ci borbottano dentro, come chicchi di mais. Meglio lasciarli esplodere in fragranti pop corn.

Se ne incontrano tante:
ci sfiorano i vestiti in centro città, se ne stanno zitte e rigide in bilico su un tram affollato,
ci accolgono al mattino porgendoci la tazzina di caffè, stanno dietro lo sportello a scartoffiare, in piedi con l'erogatore di carburante infilato nel serbatoio di una moto,
col gessetto in mano davanti un pubblico non sempre interessato, a casa a stendere i panni,
nel prato sotto casa per far fare i bisognini a Kira (che pure lei ne avrebbe da raccontare), fra le rughe e sotto il cappello di chi di vite ne ha vissute più di una.
Qualche storia la riconosci subito, persone segnate, a volte per sempre.
Altre non te le aspetti e ti sorprendi.

Ne voglio riportare qualcuna.
Dare voce a chi, per timidezza, voglia di anonimato, minore attitudine o passione alla scrittura, non riesca a farlo in prima persona, ma abbia la sua dose di Pop Corn da tirare fuori e condividere.
Per arieggiare l'anima.
Per piangere, finalmente.
Per insegnare.
Per ammonire.
Per ringraziare.
Per testimoniare.
Per rinnovarsi.
Per crescere, ancora.
Per ridere, che fa bene.

Pop Corn a tutti.

*Granella Di Vaniglia*












giovedì 14 maggio 2015

Due righe di cuore

Devo ancora capire come funziona Blogger.
Questo stile grezzo non mi si confà.
Intanto butto giù due righe.
Chè l'amore non sfogato non si senta trascurato.
Ogni riferimento a persone e fatti reali è volutamente vero in ogni caso.
Perché le storie vere e quelle inventate, in amore non hanno differenze: L'amore, almeno lui, non è razzista.

"Fra poco a pranzo avrò un ospite speciale.
Batticuore garantito.
Faccia inebetita pure.
Chissà se lui sente le stesse cose.
Ascolterò ogni parola, ogni re spiro.
E sorriderò, sarò dolce e infinitamente sua.
Non rinuncio.
E lui lo deve sentire, per forza.
Mi ha spaccato il cuore e ora ci vive dentro."


mercoledì 13 maggio 2015

Inevitabile

Doveva succedere.
Prima o poi.
Me l'avevano suggerito, non una persona sola e non una volta sola.
Forse qualcuno spera pure, in questo modo, di non essere più vittima della mia logorrea che esplode sia con le telefonate che con i messaggi e l'immenso mondo di internet, dalla messaggistica ai social.
E pensare che spesso mi trattengo: Ho pensieri così controcorrente che rischierei di trovarmi imbavagliata e malmenata.
Correrò il rischio qui, a casa mia.
Benvenuto ad ogni visitatore che, con educazione, vorrà dare il suo contributo per arricchire questo progetto, questo diario mio ma di tutti.
Cheers
Granella Di Vaniglia

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