sabato 20 giugno 2015

In diretta: sushingle

Non sono l'unica.
Non sono la sola.
Ad esser sola.
Accanto a me, un giovane uomo conteso fra l'attenzione del suo Smartphone e i piatti carinissimi che ha ordinato.
Gli farei i complimenti per la scelta.
Nonostante il ribrezzo che molti provano verso questo stile culinario, il locale è pieno.
Anche McDonald's nonostante le critiche continua a fare incassi da paura.
Mi trovo nel cuore della mia città, in un locale che frequentavo anche da sposata; nonostante ci siano altre realtà simili in città, scelgo questo posto per la vicinanza, dal momento che non possiedo un'auto e per la stima e la simpatia che provo per la famiglia che conduce questo ristorante. Ci scambio quattro chiacchiere ogni tanto e apprezzo il loro sforzo nel volere imparare la nostra lingua (la difficoltà deve essere enorme visto che loro non coniugano i verbi mentre la lingua italiana è piena di eccezioni).
Sono irritata dallo schiamazzo dei giovani al tavolo in fondo, poi mi ricordo di esser stata anche io così e sorrido.
Sorrido ricordando la prima volta in cui ho assaggiato la cucina giapponese.
Lui, un amico, veniva da lontano e mi aveva promesso che mi avrebbe portata a mangiare giapponese.
Ero scettica ma, in fondo, ho assaggiato il cinese, il thailandese, il filippino, il sudamericano, l'indiano, l'eritreo...perché perdere questa opportunità?
Mi lasciai guidare da lui, mi misi letteralmente nelle sue mani.
L'esperienza di gusto che ho provato mi ha fatto volare lontana...mancava poco che sentissi suonare uno shamisen e vedessi danzare due Maiko.
E lui mi parlava dei suoi viaggi mentre io, ingenua, assaggiavo coraggiosamente una dose generosa di wasabi.
E infatti lacrimavo, manco a dirlo.
Durante una cena di lavoro in Giappone, al mio cavaliere avevano offerto in segno di onore la testa di un pesce, considerata prelibata per la polpa contenuta nelle guance.
Lui era affamatissimo e anche se era grato dell'onore ricevuto, terminò la cena con lo stomaco ancora vuoto.
Si vendicò alla cena successiva rifilando ad un collega "L'onore".
A Domodossola, anni fa, un giapponese mi aveva spiegato come si tenevano per bene le bacchette e come andava utilizzato il wasabi.
Lo ricorderò per sempre, fu come volare di nuovo con la fantasia verso l'oriente lontano e misterioso.
E mentre sorrido ancora a rimembrar pensieri,sia io che l'uomo solitario accanto abbiamo ordinato altro.
Beh, avrei potuto evitare di ammazzare questo viaggio del palato con la Cola e prendere il the caldo verde. Anche perché l'aria condizionata troppo spavalda mi sta facendo venire la pelle d'oca.
E dunque: Come si sta da soli?
Io una volta non me lo immaginavo neanche di andare a cena fuori da sola. Mi sapeva di tristezza.
In realtà può essere vista come una gratificazione. I single non meritano una cena fuori?
Non si è nemmeno costretti a stare a degli orari.
Non devo rendere conto a nessuno del mio outfit e nessuno scassa l'anima per il tempo passato in bagno a litigare con la piastra per i capelli o per il caos di pennelli e colori davanti allo specchio del comò.
Le sei ante dell'armadio sono solo mie, la scarpiera pure, per non parlare del potere del telecomando.
E per essere ottimisti posso dire che il mio letto è mezzo pieno.

Il giovane accanto al mio tavolo se ne è andato poco prima di me.
La batteria del mio Smartphone si è scaricata nel mezzo della stesura di questo pezzo e son corsa a casa anche io.
La tv, trasmette un programma con ricostruzione di matrimoni finiti in tragedia, o quasi.
Penso allo sviluppo di un articolo sulla violenza sulle donne.

Mi accoccolo sul divano e concludo che un abbraccio al momento giusto, potrebbe riempire qualsiasi cuore.

Ma anche una pizza da dividere in due può fare miracoli.

*Granella Di Vaniglia*


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